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Baccalà Islandese – Una specialità culinaria che giunge nelle nostre tavole dall’estremo nord Europa.

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani

Anche se vanta un’antica conoscenza, incontrare il merluzzo islandese nelle vesti di “baccalà”, riserva sempre un immenso piacere.

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Come avviene nelle migliori relazioni interpersonali a fare le rispettive presentazioni  e farci conoscere il progetto “Assaggia e condividi il segreto del baccalà islandese” supportato dall’Associazione Islandese del Baccalà (ISF) che promuovere turisticamente l’Islanda (ĺslandsstofa) e con il sostegno del governo islandese, è stato lo chef napoletano Vincenzo Russo, del Baccalaria di Napoli, ristoratore e organizzatori di eventi che fin da giovanissimo inizia la sua carriera nella cucina di Taverna Estia, il noto ristorante più volte premiato dalla guida Michelin, dove il baccalà ha un ruolo di primo piano.

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Antipasto: baccalà con crema tonnata e capperi di Pantelleria              Secondo piatto: baccalà arrosto e contorni di verdure varie

“Il merluzzo islandese (Gadus Morhua)”, nelle sue parole, “viene catturato usando tecniche di pesca responsabile certificate, alla profondità di 100-250 metri e a temperature da 4-7°C.  Le più importanti zone di pesca sono circoscritte a selezionate aree dove l’acqua è più pura. La delimitazione di queste zone assieme ai metodi rigorosi di pesca e lavorazione, sono alla base della qualità del prodotto. L’intera filiera produttiva si articola nello spazio di pochi chilometri perché i villaggi di pescatori sono completamente attrezzati alla lavorazione ed al confezionamento del prodotto finito, permettendo di trasformare il pesce già a pochi minuti dopo essere pescato. Allo scopo di tutelare e promuovere questa eccellenza locale, le aziende islandesi che lavorano il baccalà si sono unite in un’iniziativa di mercato che promuove la qualità dei prodotti derivati da pesce fresco, nasce così il progetto Assaggia e condividi il segreto del baccalà islandese”.

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D’indubbio interesse è, anche conoscere la storia che accompagna la commercializazione di questo prodotto. Così nell’occasione, scopriamo che “la vita è baccalà” diceva il famoso scrittore Halldór Kiljan Laxnes (unico autore islandese ad aver vinto il premio Nobel) nel suo celebre romanzo intitolato Salka Valka. Il merluzzo occupa infatti un posto così importante nell’identità islandese ed è stato usato come emblema nazionale per quasi 5 secoli. Generata dal merluzzo nel XX secolo è stata la disputa tra Islanda e Regno Unito per il controllo delle acque territoriali e della pesca tanto forte da scatenare le cosiddette Cod Wars, le guerre del merluzzo, Þorskastríðin in Islandese. Il segreto distintivo di qualità del baccalà islandese deriva dal suo essere parte integrante della tradizione. Poiché è sempre presente nelle occasioni di incontro, e gli Islandesi hanno massimo rispetto per la tradizione, sono orgogliosi di poter offrire baccalà di qualità e condividerlo con i loro ospiti. E’ stato veramente interessante incontrare e  scoprire le tante prerogative che vanno oltre il gusto, decisamente eccellente, di un filetto di baccalà.

Maggiori notizie sul sito web www.baccalaislandese.it  mentre per alcune ricette si rinvia al sito www.baccalaria.it oppure per acquisti al punto vendita e degustazioni nell’omonimo ristorante di Napoli – Piazzetta del Porto, n.4 – tel.081.0120049 – mobile 324.8886332

Antonio Fraddosio. Le tute e l’acciaio – Una rassegna antiretorica dedicata agli operai dell’Ilva e alla città di Taranto in esposizione alla Galleria d’Arte Moderna di Roma.

Testo e foto di Donatello Urbani

Una tuta dismessa che per l’occasione si veste d’acciaio vuole raccontarci, con le parole di un artista pugliese di nascita, ansie, preoccupazioni e disagi che vivono oggigiorno tanto i cittadini quanto gli operai dipendenti dall’Ilva di Taranto. Antonio Fraddosio,  negli spazi del chiostro-giardino della Galleria d’Arte Moderna, espone dieci grandi lamiere lacerate e contorte, potenti e misteriose, come scrivono i curatori, “che richiamano le tute che dovrebbero proteggere gli operai dell’Ilva dai tumori, depositate, al termine del turno di lavoro e prima di andare alle docce, in una specie di camera di compensazione”.

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In dieci contenitori, uno per ciascuna opera, possiamo confrontarci con l’universale aspirazione presente in ciascuno di noi , particolarmente sentita in questo preciso momento dagli operai Ilva di Taranto, contro tutte le situazioni in cui il diritto al lavoro si guadagna dando in cambio la propria salute, la propria vita. Come scrive in catalogo Gabriele Simongini, curatore insieme a Claudio Crescentini di questa rassegna: “…..in questi sudari di ferro resta l’impronta di corpi umani sofferenti, c’è il senso della morte e della distruzione ma sopravvive una sorta di speranza affidata all’arte, alle sue possibilità catartiche. Nelle lamiere, ciascuna diversa dall’altra, affiorano spesso i colori velenosi, mortali ispirati al manto di ruggine, alla polvere pesante, rossastra, dalle sfumature marroni e nere, che avvolge e soffoca la città colpendo soprattutto il rione Tamburi, a ridosso dell’Ilva”. Tutte le opere hanno uno sviluppo verticale, contrariamente a quanto accade nella realtà dove le tute una volta dismesse e lasciate cadere in terra di adagiano orizzontalmente. Si può spiegare? Significativo sarebbe il pensiero dell’artista che può essere letto come il desiderio di far uscire fuori dal ristretto luogo di lavoro. I tanti problemi che genera un insediamento industriale, purtroppo quello Ilva non è il solo presente nelle immediate vicinanze, all’interno del centro abitato.

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E’ lo stesso artista che scrive in proposito: “Se camminando per il quartiere Tamburi ti guardi intorno, non dimentichi più. Di quel camminare mi è rimasta forte l’immagine di quegli spazi che rappresentano una condizione e il suo opposto, si chiamano ‘spazi di transizione’ e ‘ai Tamburi’ gli spazi di transizione sono la drammatica immagine del violento impatto tra dentro e fuori, tra privato e pubblico, tra luce e ombre. Sono le logge scavate sulle facciate degli edifici popolari, chiuse da una vetrata, protette da un tendone, mai adorne di fiori. Povere barriere poste nel tentativo inutile di contrastare un’aria malata e sulla parete di fondo la porta-finestra come vetrina d’esposizione di vite difficili. E, così, i 10 cassoni che ho realizzato in acciaio Cor-Ten ossidato altro non sono che le logge ‘dei Tamburi’, rosse di polveri velenose. Sulla parete di fondo ho posto altrettanti pannelli su cui è deposta una lamiera lacerata, sporcata e incendiata. Sono le tute degli operai. Ho trattato la lamiera modellandola in modo da farla apparire come un grossolano panneggio antropomorfo ma anche come l’elegante, delicata, innocente, straziata anima di chi indossa quelle tute e di chi, suo malgrado, indossa quelle polveri. Infatti a Taranto si ammalano gli operai ma anche i bambini”.

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Nel periodo di esposizione del site specific alla GAM previsti eventi di danza, readings e incontri. Inoltre è disponibile un volume che accompagna la mostra, pubblicato da La Casa Usher,  che oltre ai saggi dei curatori e alle foto dell’installazione in situ, contiene i testi di Michele Ainis, noto giurista e costituzionalista e di  Giuse Alemanno, operaio all’Ilva e scrittore, insieme ad alcuni scatti del reportage “Rosso Tamburi” realizzato dal fotografo barese Cristian Mantuano.

Roma – Galleria d’Arte Moderna di Roma Via Francesco Crispi, 24 fino al 3 marzo 2019 con orario dal martedì alla domenica 10.00 – 18.30. Biglietto di ingresso alla Galleria d’Arte Moderna: € 7,50 intero e € 6,50 ridotto, per i non residenti; € 6,50 intero e di € 5,50 ridotto, per i residenti; gratuito per le categorie previste dalla tariffazione vigente. Per i possessori della nuova MIC Card – che al costo di soli 5 euro consente a residenti e studenti l’ingresso illimitato per 12 mesi nei Musei Civici l’ingresso alla mostra è gratuito. Info: 060608 (dalle ore 9:00 alle 19:00) www.museiincomune.it;  – www.galleriaartemodernaroma.it

 

Assisi capitale del turismo religioso

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani

L’edizione 2018 della Borsa Internazionale di Turismo Religioso – BRTI –  si terrà ad Assisi dal 24 al 27 novembre 2018 ed é stata presentata a Roma nella sede dell’ENIT. Per questa BRTI  sono stati invitati 50 buyer, tra nazionali ed esteri, e oltre 120 seller provenienti sia dall’Italia che da varie parti del mondo, tutte interessate a promuovere questa forma di turismo che nel tempo vede assumere livelli sempre più crescenti di anno in anno. “La scelta di Assisi”, dice Nicola Ucci, direttore della BRTI- Borsa Turismo Religioso Internazionale – “è coerente con l’impostazione degli itinerari religiosi, artistici e culturali da offrire al mercato. scelta che speriamo di ripetere per almeno tre anni, in collaborazione con le istituzioni locali, regionali e le associazioni di categoria”. Il turismo religioso internazionale coinvolge tanto nella dimensione di fede che pastorale, anche quelli culturali con la grande varietà di siti archeologici e culturali in senso stretto che enogastronomici, con le molteplici eccellenze del nostro territorio. I numeri che offre in proposito l’Italia sono di tutto rispetto sia con la presenza a Roma del Vaticano, centro indiscusso ella cristianità, che con 1.500 santuari, molto frequentati dai fedeli, ai quali si aggiungono ben 30 mila chiese e oltre 700 musei diocesani. Proprio in questa occasione le varie regioni italiane che vantano nei loro territori la presenza di questi rilevanze sia culturali che religiose saranno i veri protagonisti tanto nelle contrattazioni,  con l’offerta d’interessanti iniziative che offrendo ai buyer degli educational rivolti alla scoperta delle eccellenze presenti nei territori. Una prima iniziativa è stata assunta dal Comune di Assisi ed è proprio il Sindaco, Stefania Proietti, a presentarla: “Con il ricavato della Tassa di Soggiorno, da noi adottata solo a partire dal gennaio 2018, abbiamo stabilito di offrire a quanti soggiornano almeno due giorni nella nostra città una welcome card che offre oltre a sconti in negozi, ristoranti e hotel, il parcheggio gratuito in città, mezzi pubblici e sconti nei taxi. Per i dettagli consultare il sito www.visitassisi.it” .

Assisi – Borsa Turismo Religioso Internazionale – Dal 24 al 27 novembre 2018 con ingresso riservato ai soli operatori turistici del settore.

Pizza fatta in casa – Gli ingredienti base messi a punto dal Molino di Vigevano e dalla Cooperativa Finagricola di Battipaglia con i prodotti commercializzati con l’etichetta “Così Com’è”

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani

Non tutte le proposte, spesso al limite della fantasia più sfrenata, che vengono offerte per avere una buona  pizza appagano in pieno il nostro gusto. Devo confessare la mia delusione alla pizza alla papaia e ananas.

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Quella però alla “spirulina”, un’alga che prepotentemente è entrata nella nostra gastronomia, ricca d’infinite qualità salutistiche, che ci ha proposto lo chef Ciccio Vitiello con le farine  del Mulino di Vigevano e i condimenti della Finagricola Così Com’è ha tutte le qualità per appagare anche i palati più esigenti. Prodotti che mi hanno felicemente sorpreso, sia per il loro sapore gradevole, sia per l’altrettanto gradevole aspetto che conferisce alla pasta della pizza un accattivante colore verde che mette in risalto tanto il rosso del pomodoro che il bianco del formaggio in un mix  patriottico che ben si addice a una pietanza che ben  s’identifica con l’Italia. Le basi principali di partenza, assolutamente indispensabili per avere un buon risultato finale, sono l’utilizzo di prodotti predisposti allo scopo.

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Tanto il Mulino di Vigevano che la Finagricola Così Com’è, hanno predisposto, per essere commercializzati anche dalle catene della grande distruzione, specifiche confezioni,  sia di farina che salse di pomodoro, appositamente preparate per ottenere buoni risultati anche da cuochi e chef amatoriali. Tanto le farine che le salse sono valide anche per altri utilizzi quali la pasta fatta in casa. Provare per credere e “Buon appetito!”.

Govone (Cuneo) “Il magico paese di Natale”

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani

Doveva pur esserci pure un luogo dove Babbo Natale incontrava il presepe e questo è stato individuato in pieno territorio del Roero: Govone, provincia di Cuneo. L’incontro è inserito nelle iniziative del “Magico Paese di Natale”, si ripete annualmente da dieci anni –  in questa edizione nei giorni 17 – 18 – 24 – 25 Novembre 1 – 2 – 8 – 9 – 15 – 16 – 22 – 23 dicembre dalle ore10:00 alle 19:00. La location è degna dell’importante evento e si svolgerà in una bellissima residenza sabauda, conosciuta come il Castello, che per l’occasione accoglie, oltre al presepe, mostre e attività culturali, mentre nei viali del parco sarà ospitato un mercatino con prodotti artigianali e specialità enogastronomiche piemontesi.

IMG_20181017_184451                                                                      Roma: Senato della repubblica. Presentazione dell’iniziativa

Dice in proposito Pier Paolo Guelfo, dell’assiociazione culturale “Generazione” che organizza l’evento: “Vivere l’atmosfera natalizia tra le colline di Langhe-Roero e Monferrato, paesaggio vitivinicolo patrimonio mondiale Unesco, è una magia da non perdere. Il Magico Paese di Natale a Govone dedica il tema dell’edizione 2018 all’incantesimo che si vive tra sogno e realtà durante i numerosi intrattenimenti in programma dedicati a grandi e piccini. Immergersi in una dimensione tra la realtà quotidiana e il mondo incantato dei sogni, entrare come spettatore in una favola ambientata in luoghi fantastici popolati da personaggi magici, liberare la fantasia e lasciarsi avvolgere da colori e profumi unici”. Questo evento ha registrato nell’edizione del 2017  la presenza di oltre 200 mila persone, dunque un fiore all’occhiello per il turismo invernale del Nord Italia divenendo uno tra i primi mercatini per qualità di tutta Italia, oltre ad aver collezionato illustri collaborazioni con aziende e celebri artisti. L’edizione 2018, che coincide con l’Anno Europeo del Patrimonio Culturale, è stata selezionata tra gli eventi che celebrano il patrimonio culturale dell’intero continente.

casa-di-babbo-natale-1                                                                                    Foto courtesy del Comune di Govone (CN)

Il programma nelle parole di  Pier Paolo Guelfo: “Il format giornaliero presenta il Mercatino di Natale con i suoi artigiani provenienti da tutta la Penisola e la Casa di Babbo Natale, dimora polare costituita in parte da uno spettacolo di narrazione e animazione e in parte visitabile liberamente. A questi si affianca la possibilità di visitare il Castello Reale di Govone, dimora sabauda con magnifiche sale affrescate dove si svolge la mostra di arte sacra e presepiale che presenta l’opera di artisti provenienti da diverse tradizioni e da varie zone d’Italia. I piccoli visitatori inoltre non potranno perdersi l’antica giostra del carosello torinese, magico luogo di divertimento per grandi e piccini situato nella piazza Baratti&Milano. Sempre qui, si colloca anche il Pastry Chef, spazio che propone pasticceria sabauda in stile Belle Epoque; un angolo gourmet che utilizza con creatività materie prime di eccellenza ed è particolarmente pensato per gli amanti del cioccolato di tutte le età. Inoltre, durante ogni weekend ritornano gli appuntamenti golosi dei Laboratori, due momenti speciali dedicati ai piccoli ospiti del Magico Paese di Natale”.  Un diverso programma è stato previsto per gli adulti che partendo dallo Street Food arriva alla Bottega del Magico paese, spazio dedicato alle prelibatezze del territorio, con i piatti della tradizione culinaria e gli ottimi vini delle Langhe Roero.

Govone (Cuneo); IL MAGICO PAESE DI NATALE®  Promosso dall’Associazione Culturale Generazione. Informazioni  sito www.magicopaesedinatale.com –  Tel. +39 0173 58 200 – e.mail:  info@magicopaesedinatale.com

Ovidio –Amori, Miti e Altre Storie – In mostra a Roma alle Scuderie del Quirinale

Testo e foto di Giorgia Lattanzi e Donatello Urbani

Un “Ovidius trionphans”è il protagonista assoluto nella mostra allestita alle Scuderie del Quirinale con l’esposizione di 250 opere concesse in prestito da circa 80 musei ed istituzioni culturali tra italiani ed internazionali. Il percorso espositivo si articola tra affreschi, gemme, gioielli, reperti archeologici e sculture d’età imperiale provenienti da Pompei, insieme a  circa 30 antichi testi, preziosi manoscritti e celebri capolavori quali la “Venere Pudica” di Botticelli, proveniente dagli Uffizi, o la “Venere Callipigia” del Museo Archeologico di Napoli.

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Le opere di Ovidio furono da sempre un’importante fonte d’ispirazione per molti artisti ed hanno attraversato i secoli senza perdere niente del loro interesse artistico come attestato dall’installazione al neon di Joseph Kosuth, ispirata ai testi ovidiani che accoglie i visitatori all’inizio del percorso. Ovidio ebbe in vita un enorme successo nella Roma augustea, fino ad arrivare a far parte della stretta cerchia della famiglia del “princeps”.

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“Polifemo e Galatea”  – Da Pompei Museo Archweologico di Napoli come l’affresco a fianco con “Amore e Psiche”

E’ il poeta dell’amore, dell’ammiccamento sfrontato, provocatorio fino all’esaltazione della clandestinità, del tradimento, del doppio gioco amoroso, dei piacere indicibile della Roma da poco tempo nel ruolo di “Caput mundi” che descrive e codifica nella sua opera “Ars amatoria”. La sua frequentazione con la nipote di Augusto, Giulia Minore, la cui sfrenata condotta sessuale era sulla bocca di tutta la città, obbligherà la zio ad esiliarla lontano da Roma. Identica sorte colpirà pure Ovidio che nel 12 d.C. sarà relegato a Tomi, nelle sponde del Mar Nero, dove morirà circa sei anni dopo. Il nucleo più corposo delle opere esposte ruota attorno ai personaggi ed i miti descritti nelle “Metamorfosi”. In preziosi manufatti sono riprodotte le storie di “fanciulle amate, abbandonate e rapite, come Arianna e Proserpina, di giovani dai tragici destini, tra cui Melagro e Icaro, o di tormentate vicende amorose”, come scrivono i curatori, che si concludono con una trasformazione come nel “Ratto di Europa” perpetrato da Giove. Questa esposizione, sempre negli scritti dei curatori, “intende raccontare la complessità, il piacere e l’attualità dell’universo ovidiano e per tutto il periodo della mostra,  un percorso ricco di proposte per coinvolgere il pubblico con numerosi incontri, letture e approfondimenti”.

20181016_114709                   Ludovico Carracci – “Caduta di Fetonte” – 1596/1599. Affresco strappato. Collezione della Bologna Musei

Roma – Scuderie del Quirinale Via XXIV Maggio, n.16 fino al 20 gennaio 2019. Biglietto d’ingresso intero €.15,00, ridotto €.13,00. Informazioni sugli orari, servizi didattici ecc. tramite e.mail: info@scuderiedelquirinale.it o consultare il sito www.scuderiedelquirinale.ir

L’Alleva 2 – Da giovedi 25 ottobre p.v. per la regia di Fabrizio Costa

Mariagrazia Fiorentino

Dopo il successo della prima serie torna sulla rete ammiraglia della RAI la seconda serie che si svolge in sei serate, con “Le ossa della principessa e una Lunga estate crudele” edizioni Longanesi. Alessandra Mastronardi nel ruolo di Alice, si presenta più matura, vuole il suo uomo e la sua professione presso l’Istituto di Medicina Legale. “E’ la perfetta incarnazione delle ragazze di oggi, è un messaggio positivo per i più giovani”. Lino Guanciale è Claudio Conforti il suo mentore nell’Istituto di cui Alice è innamorata.

L'ALLIEVA - ALESSANDRA MASTRONARDI - ph P. BRUNI--552L’affascinante P.M. Giorgio Marchesi nel ruolo di Sergio Einardi, deve scoprire il giallo del rinvenimento in un sito archeologico di alcuni resti umani. In questo turbinio di sentimenti si snodano gli episodi. La fiction è tratta dai best-seller di Alessia Gazzola. Alice è un personaggio di oggi che esce dagli schemi per essere portato televisivamente. E….. come si usa dire, ”squadra vincente non si cambia!”.

La Molisana: Paste con 100% di grano italiano apre a Roma nella Galleria Centrale di Stazione Termini un Temporary Store – fino al 29 novembre 2018 – con una confezione speciale di paste tradizionali sponsorizzata dalla A.S.Roma e testimonial Bruno Conti

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani

Una location speciale: il Temporary Store La Molisana a Roma Termini, per presentare una ricetta di pasta completamente realizzata con grano italiano al 100% decorticato a pietra. Alla base di questa eccellenza italiana c’é i’impegno della famiglia Ferro, mugnai da quattro generazioni e pastai dal 2011, anno in cui risale l’acquisizione della Molisana, che hanno stipulato accordi con oltre 1.450 agricoltori del centro-Sud (Molise, Puglia, Marche, Lazio e Abruzzo) per la fornitura di una materia prima che garantisse la massima salubrità per i consumatori partendo dal campo e per arrivare al punto vendita.

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“La qualità della pasta dipende direttamente dall’origine del grano – spiega Giuseppe Ferro, amministratore delegato de La Molisana – e, per rispondere al desiderio dei consumatori, abbiamo investito molto in ricerca per trovare i semi italiani migliori e con un contenuto proteico fino al 17%, che ci permettessero di continuare a creare un prodotto che rispecchiasse il nostro ideale di eccellenza della pasta. Con tecnologie d’avanguardia abbiamo osservato a distanza via web, durante tutto il ciclo vegetativo, il comportamento del seme sul campo. Questa è innovazione e questo nostro percorso di ricerca ha comportato anche un miglioramento delle competenze degli agricoltori, quindi del raccolto. Gusto e qualità sono solo due di numerosi aspetti positivi che questo progetto ci ha permesso di realizzare  e mi riferisco in particolare all’impatto sociale che comporta una scelta forte come la nostra.  Parliamo di sostenibilità, ad esempio, perché si tratta di un modello virtuoso di agricoltura che valorizza le colture locali e consente di ridurre le emissioni di CO2 legate al trasporto. Ma parliamo anche di corretta retribuzione del lavoro degli agricoltori, di sostegno al lavoro in Italia e di generare un valore che sostiene il nostro prodotto interno lordo.”

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In occasione dell’inaugurazione del punto vendita temporaneo (temporary store) nella Galleria Centrale di Stazione Termini  La Molisana si è rivolta agli chef APCI, Luca Malacrida e Claudio Mariotti  per preparare degli assaggi di pasta che hanno conquistato il palato degli ospiti con 5 piatti dove la protagonista è la pasta La Molisana con grano 100% italiano. Evento centrale di questa inaugurazione è stata la presenza del campione del mondo Bruno Conti giunto per dare un felice seguito all’accordo di partnership ufficializzato questa mattina a Trigoria tra l’azienda pastaia campobassana e la AS Roma. Il marchio La Molisana sarà presente a bordo campo, nelle aree ospitalità dello stadio Olimpico, nella casa della Roma a Trigoria e su altri efficaci supporti. Inoltre l’azienda porterà avanti nelle scuole calcio del Club il lavoro di educazione alimentare e di sensibilizzazione a un corretto stile di vita, attraverso percorsi formativi e incontri specifici con i ragazzi. La Molisana da settembre sarà con “La Pasta della Roma” sugli scaffali dei principali negozi della Gdo: lo Spaghetto Quadrato, cavallo di battaglia dell’azienda, la Mezza Manica e la Penna Rigata saranno a disposizione dei tifosi in una confezione studiata ad hoc con i colori giallorossi da oggi acquistabile nel punto vendita di Stazione Termini.

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Per tutta la durata della stagione calcistica sarà attivato un concorso che regalerà ai vincitori che acquisteranno a scaffale pacchetti di pasta La Molisana, biglietti per la partecipazione ai match casalinghi della AS Roma, gadget e l’emozione del Trigoria Day,  conclude Giuseppe Ferro: “La Roma ha una grande comunità di tifosi, sono caldi, simpatici e numerosi. Ci piace tutto questo, ci trasmette il senso della comunità e della condivisione”. Altra confezione speciale è quella sponsorizzata dai “Magnifici 2” della Pixar.

Scoperta la firma di Filippo Rusuti nella tavola raffigurante la Madonna di San Luca in Santa Maria del Popolo a Roma.- Allestita per l’occasione una mostra a Castel Sant’Angelo.

Testo e foto di Donatello Urbani

Nel corso dei lavori di restauro e conservazione sulla tavola della Madonna di San Luca custodita a Roma sull’altar maggiore della Basilica di Santa Maria del Popolo in Piazza del Popolo è venuta alla luce una firma apposta nella parte alta che indica l’autore del dipinto.

20181018_122819                                  La firma di Filippo Rusuti riportata sulla parte alta della tela sopra l’aureola della Madonna

La preziosa tavola con l’immagine della Vergine Maria con in braccio il figlio Gesù Bambino, Odigitria nella venerazione popolare,  fu voluta dal Senato Romano e per questo è conosciuta come Santa Maria del Popolo. Nel corso dei secoli le furono riconosciuti vari episodi miracolosi attribuendo, inoltre, la realizzazione  dell’opera a San Luca apostolo. Nel 1235 Papa Gregorio IX  fece trasferire il dipinto da San Giovanni in Laterano  nella cappella di Piazza del Popolo e da allora “è una delle immagini più venerate nella storia della città, quella con cui si è manifestata una singolare devozione, documentata non solo dalla fama di immagine miracolosa, ma anche dagli atti ufficiali della storia della chiesa”, come ha precisato la Dott.ssa Edith Gabrielli, Sovrintendente del Polo Museale del Lazio.

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    Particolari dell’abito e deigioielli indossati dalla Madonna. In entrambi è possibile rilevare l’accuratezza del restauro effettuato

Nel 2017 la preziosa opera è stata sottoposta ad un intervento di restauro conservativo e proprio in questa occasione sulla parte alta del dipinto è venuto alla luce la firma di Filippo Rusuti, artista appartenente, insieme a Cavallini e Torriti, alla scuola romana di fine 1200 inizi 1300. Rusuti è conosciuto per essere l’autore dei mosaici della facciata della Basilica di Santa Maria Maggiore, parzialmente coperti dall’attuale successiva facciata e grazie a questo evento è stato possibile attribuire a lui anche gli affreschi della chiesa di San Saba, sul colle Aventino per la presenza di una immagine della Vergine simile a quella della tavola di Santa Maria del Popolo.

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L’importanza di questa scoperta è stata posta in risalto con l’allestimento di una mostra all’interno di Castel Sant’Angelo che consente di poter ammirare da vicino la preziosa immagine compresa la firma dell’autore, cosa non facilmente osservabile una volta ritornata nell’originale destinazione.

Roma – Castel Sant’Angelo – fino al 18 novembre 2017 tutti i giorni dalle ore 9,00 alle 19,00. Biglietto d’ingresso unico per Castel Sant’Angelo (con la mostra di San Luca) e Palazzo Venezia intero €.15,00, ridotto €.7,50.  Ingresso gratuito la prima domenica di ogni mese. Per informazioni e prenotazione telefonare al 06.31810410, consultare il sito web www.art-city.it.

Pollock e la Scuola di New York – In mostra al Vittoriano – Ala Brasini – fino al 24 febbraio 2019

Testo e foto di Donatello Urbani

Per molti storici e critici d’arte l’11 agosto 1956, data della morte di Jackson Pollock, segna la nascita dell’arte contemporanea ed il definitivo trasferimento del principale centro di riferimento delle arti visive da Parigi e New York. L’artista si era fatto notare già da vario tempo nel mondo della pittura ma la vera notorietà arriva nel 1949 con un reportage sulla rivista “Life” che si chiedeva se fosse veramente Jackson Pollok il più importante artista americano vivente. L’artista, in effetti non ha legami né anagrafici né culturali con la vecchia Europa. Nasce a Cody, Wyoming, nel 1912 e le cronache dicono la sua difficile infanzia dovuta al suo carattere ribelle alle buone regole sia della famiglia che della scuola. Una leggenda, alimentata dalla passione per le culture locali,  vuole che la sua cultura si sia formata vivendo a contatto con le tribù indiane rimanendone fortemente influenzata. Importante per la sua carriera artistica è l’incontro, nella metà degli anni trenta, con Lenore (Lee) Krasner, anche lei artista, di cui s’innamora e che sposerà nel 1945. Insieme si trasferiscono a Spings nel Long Island.

20181009_125159                          Jackson Pollock: “Number 17″ 1950. Oil, enamel, and aluminiun paint on composition board

Qui in un capannone industriale Pollock scopre il “dripping”, un modo di dipingere del tutto inedito, un mix tra la ritualità di una danza indiana primitiva e la modernità di un’arte pre-perfomatica. Le dimensioni dei suoi quadri sono sempre più grandi, come dimostra la tela Number 27 esposta in questa rassegna che è lunga oltre 3 metri,  al punto tale da coinvolgere tutto il corpo nella realizzazione, come documentato sia da foto che da brevi filmati del regista tedesco Hans Namuth. I lavori di Pollock sconvolgono completamente i canoni ordinari che hanno costituito una regola inamovibile fino allora e richiamano le attenzioni  su di loro di tutto il mondo dell’arte in particolare dei collezionisti fra i quali spicca per importanza Peggy Guggenhein. La sua vita sregolata, condizionata da una forte dipendenza dall’alcool,  si conclude schiantandosi al volante della propria auto, l’11 agosto 1956, dopo l’ennesima notte brava.

20181009_125220                                                               Jackson Pollock: “Untitled” – 1950. Pennello, inchiostro su carta

Queste note biografiche dell’artista sono illustrate nella prima sezione del percorso espositivo che in complesso si articola in altre cinque sezioni nelle quali sono documentate e messe a confronto con quelle di Pollock le opere dei principale artisti, tutti ispirati  dal nuovo corso dell’arte newyorkese. Scrive in proposito il curatore Luca Beatrice: “…..Jackson Pollock è la super star della pittura americana ma non è solo. Esagerando riconosce che ci sono cinquecento miei coetanei a New York che fanno un lavoro importante”. La seconda sezione presenta le opere di pittori che già a partire dagli anni quaranta dello scorso secolo si allontanano dal realismo e dalla figurazione vedendo nell’astratto il segno di un tempo nuovo. Sono, solo per citarne alcuni,  Arshile Gorky, di origine armena, Robert Mothervel, William Baziotes, nato in Grecia, Mark Tobey, le cui opere sono invase da una fitta calligrafia che si esprime nella purezza del bianco, mentre Bradley Walker Tomlin è tra i precursori, fin dai primi anni Quaranta, del nascente Espressionismo Astratto. La terza sezione è dedicata a Franz Kline, considerato insieme a Polloch, Rothko e de Kooning, tra i massimi interpreti della scuola di New York.

20181009_130418                                                                  Sam Francis: “Abstraction”- 1959. Olio e colori acrilici su lino

Le opere esposte nella quarta sezione ci mettono di fronte al passaggio dalla gestualità e dal vigore dell’Espressionismo Astratto ai Color Field che anticipano le caratteristiche proprie sia del Minimalismo che della Pop Art. In questo contesto si muovono anche artiste femminili, oltre la Lee Krasner, quali Helen Frankenthaler e Grace Hartigan. Scrivono i curatori: “Con Sam Francis la seconda rivoluzione è finalmente compiuta: La nuova pittura è ormai dentro la necessaria sintesi contemporanea che in breve condurrà al Minimalismo, un processo di spoliazione che allontana il dipingere dall’enfasi gestuale dell’Espressionismo Astratto. La quinta e la sesta, ultima sezione, ci presentano rispettivamente Willem de Kooning, di orine olandese, e Mark Rothko, nato in Lettonia.

20181009_130536                                                                Willem de Kooning: “La porta sul fiume”. 1960. Olio su lino.

Il primo pur essendo vicino all’Action Painting non è, come scrivono i curatori: “completamente espressionista astratto perché, pur abbracciandone i principi teorici, non abbandona però la figurazione, conservando nella composizione la presenza di elementi realistici spesso visibili”. Le opere di Rothko, per lo più di grandi dimensioni, presentano, nelle parole scritte dai curatori: “…pennellate stese di colore che tracciano rettangoli luminosi e vibranti, dopo il caos gestuale e segnico dell’Espressionismo Astratto”.

Roma – Complesso del Vittoriano – Ala Brasini – Via San Pietro in Carcere (Lato Fori Imoperiali) fino al 24 febbraio 2019 con orario di apertura alle 9,30 e chiusura dal lunedi al giovedi alle 19,30 – Venerdi e sabato fino alle 22,00 e domenica fino alle 20,30. Costo del biglietto d’ingresso, inclusa l’audioguida,  €.15,00 intero ed €.13,00, ridotto. Congiunto all’altra rassegna su Warhol, intero €.24,00, ridotto €.20,00. Sono previste riduzioni, facilitazioni e gratuità. Informazioni  tel.06.8715111 – sito web www.ilvittoriano.com