Partnership Tra ENEA ed ENI per un megaprogetto sulla fusione nucleare.

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani.
Il termine “fusione nucleare” può generare qualche paura, se non sospetto, su molte persone. Le immagini di quanto avvenuto in Giappone negli ultimi rigurgiti della seconda guerra mondiale ne sono una ampia e ben documentata ragione. L’esplosione dell’ordigno nucleare avvenuta in  Giappone fu grazie ad una fissione nucleare – l’energia viene generata a seguito dell’urto fra un neutrone  e i nuclei di atomi molto pesanti, quali l’uranio, che si rompono in frammenti più piccoli e producono rifiuti radioattivi che restano tali per decine di migliaia di anni. Mentre nella reazione di fusione l’energia viene prodotta all’interno di una macchina denominata Totomak che utilizza il litio, metallo pesante in grande quantità sulla terra, presente nel rivestimento, insieme al deuterio, un isotopo dell’idrogeno di cui è ricca l’acqua di mare e il trizio, generato direttamente all’interno della macchina in un ciclo chiuso che non consente fuoriuscite di energia e contaminazioni di alcuna natura.
Il progetto che prende il nome di  DTT – Divertor Tokamak Test, è stato ideato dall’ENEA in collaborazione con CNR, INFN, Consorzio RFX, CREATE e alcune tra le più prestigiose università italiane, ha come obiettivo la realizzazione di una macchina sperimentale che dovrà rispondere ad alcuni dei nodi più complessi sul cammino della fusione nucleare, il processo per produrre energia rinnovabile, sicura, inesauribile con lo stesso meccanismo che ‘accende’ gli astri. Una sfida questa che coinvolge migliaia di scienziati in tutto il mondo e che vede l’Italia in prima linea nei grandi programmi internazionali di ricerca – ITER, Broader  Approach e DEMO – . La macchina DTT sarà collocata presso il Centro ENEA di Frascati, all’interno di un polo scientifico e tecnologico all’avanguardia, aperto a ricercatori e scienziati di tutto il mondo. Si tratta di un progetto di frontiera per realizzare un impianto del valore di circa 600 milioni di euro al quale partecipano ENEA per il 74% – ENI per il 25% ed il Consorzio CREATE per il restanta l’1%. ENEA in questa operazione ha usufruito di un prestito di  250 milioni di euro dalla BEI – Banca Europea per gli Investimenti -, garantito dal Feis – Fondo europeo per gli investimenti – oltre i 60 milioni concessi dal Ministero per lo Sviluppo Economico, gli 80 milioni concessi dal Ministero della Ricerca e delle Università, i 25 milioni della Regione Lazio ed altri 30 milioni da partner internazionali.  Oltre il valore finanziario/economico, sono importanti le sinergie messe insieme dalla grande ricerca, innovazione tecnologica, sviluppo e competitività industriale, nonché varie ricadute stimate in un fattore 4, ovvero oltre 2 miliardi di euro solo dal punto di vista economico. Nei sette anni di realizzazione è prevista la creazione di circa 1.500 nuovi posti di lavoro di cui 500 direttamente e altri 1.000 nell’indotto. Sono state già pubblicate ed aggiudicate le prime gare internazionali per i fili superconduttori ed è stata firmata la Convenzione con la Regione Lazio che ha vinto il bando per la localizzazione del progetto. Quest’anno saranno bandite le gare per la realizzazione dei componenti principali della macchina e i lavori di adattamento del sito. Fra i vantaggi della fusione vi sono:
– abbondanza ed economicità dei combustibili, facilità di estrazione, distribuzione geografica omogenea
– assenza di scorie
– rispetto dell’ambiente e zero impatto da estrazione dei combustibili
– assenza di emissioni di gas a effetto serra
– sicurezza intrinseca
– sviluppo di tecnologie innovative applicabili in numerosi campi.
Da non trascurare l’impegno che verrà profuso per consentire un ritorno di energie impiegate nel processo di produzione di energia elettrica pari, se non superiore, a quello impiegato. Al momento questo rapporto è pari allo 0,65 – di fronte ad 1 Kw. Impiegato il ritorno è Kw.0,65 – sia pure destinato ad essere incrementato grazie allo sviluppo tecnologico.  Tuttavia anche in presenza di questi risultati la ricerca sulla fusione, inoltre, ha già portato allo sviluppo di tecnologie innovative applicabili nel campo della salute, dei materiali hi-tech e della difesa del territorio.

Ferrovie dello Stato Italiane presenta il nuovo Polo Mercitalia

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani

Le Ferrovie dello Stato Italiano presentano il primo servizio al mondo di alta velocità dedicato alle merci. Il Polo Mercitalia nasce nel 2017 quale Gruppo FS Italiane che operano nel “business” del trasporto delle merci e nella logistica con finalità indirizzate nell’ottimizzazione dei servizi del trasporto delle merci e relativi servizi.

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Ad oggi si compone di sette società che hanno in Mercitalia Logistics, la capogruppo e alla quale si riferiscono Mercitalia Rail, trasporto merci in Italia; TX Logistik, trasporto merci in Germania e in diversi paesi europei; Mercitalia Intermodal, trasporto combinato Strada/Rotaia in Italia; Mercitalia Shunting & Terminal, attività di primo e ultimo miglio ferroviario e uno dei maggiori gestori di “inland” in Italia; Mercitalia Maintenance, specializzata nella manutenzione di carri ferroviari; TERALP (Terminal Alp Transit), società che ha come finalità la realizzazione di infrastrutture terminalistiche all’avanguardia.

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Al momento il fatturato consolidato di questo Polo è di oltre un miliardo di euro l’anno ed occupa più di 5 mila addetti sia in Italia che all’estero e dispone, inoltre, di una delle flotte più importanti di locomotori e carri in Europa. Importante è anche l’investimento previsto che ammonta ad un miliardo di euro per i prossimi cinque anni. In relazione al piano d’investimenti previsti è stata presentata la prima di 40 locomotive E494 di ultima generazione, costruita negli stabilimenti di Vado Ligure (SV) da Bombardier, con una potenza di 6,4 MW ed una velocità massima di Km.140 orari dotata dei più moderni sistemi di sicurezza e confort per il personale.

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Il potenziamento ferroviario del trasporto merci riveste una particolare importanza per le sue caratteristiche di sostenibilità e ridotta emissione di CO 2 nell’atmosfera. E’ questo l’argomento principe in questi giorni dibattuto e supportato da manifestazioni tornate di grande attualità e che confermano, tra l’altro, anche la grande importanza delle scelte aziendali compiute dalle Ferrovie dello Stato Italiane.

Carne Bovina Italiana: nasce una grande realtà di settore per contrastare il crollo dei consumi (-30%).

 Testo di Donatello Urbani – Foto Google

Questa importante iniziativa è stata progettata da Cia-Agricoltori Italiani, Confagricoltura, Uniceb e Assocarni che hanno voluto un’organizzazione interprofessionale del comparto capace di andare oltre i confini della filiera, produttori del solo settore “verticale”, ed estendibile in orizzontale anche a tutti gli operatori, coinvolti nella carne bovina italiana, dal consumo, alla distribuzione fino al trasporto. “Rappresentiamo una quota preponderante della produzione e della macellazione e siamo pronti ad accogliere altre adesioni” sono le parole di Dino Scanavino, Presidente CIA.

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Bovi di razza Chianina: Timoty e Tiberio di proprietà dell’Az. Agr. Agnolotti Donero, azienda in selezione di Figline Val d’Arno (FI)

Il settore della carne bovina è strategico per il nostro Paese, con tre miliardi di fatturato complessivo del settore, garantendo lavoro a più di 80 mila addetti. Il comparto è in difficoltà per la forte contrazione della domanda. Negli ultimi dieci anni ha registrato un crollo pro capite superiore al 30%, anche in presenza di persistenti campagne mediatiche promosse con il preciso intento di dissuadere il consumo di carne in generale ed in particolare quella bovina. Da qui la proposta che lo stesso Scanavino presenta per: “Costituire una OI (Organizzazione Interprofessionale) che, sulla base della regolamentazione europea (Reg 1308/13) e della legislazione italiana, (L.91/2015) possa: delineare una strategia nazionale condivisa; facilitare le relazioni economiche tra i diversi attori; favorire la creazione di valore e la sua equa distribuzione; svolgere varie azioni per la trasparenza del mercato, la sua qualificazione, la promozione al consumo interno ed esterno, la committenza organizzata con il mondo della ricerca. Per rispondere a queste esigenze Cia-Agricoltori Italiani, Confagricoltura, Uniceb e Assocarni, sulla base di un’analisi approfondita del settore e di una visione strategica condivisa, hanno deciso di costituire l’Organizzazione Interprofessionale (OI) della carne bovina italiana, invitando da subito tutte le altre organizzazioni ad aderire a questo progetto”.

Punto di partenza è il già costituito raggruppamento promotore, rappresentato in conferenza stampa da Dino Scanavino (presidente Cia), Carlo Siciliani (presidente Uniceb) e Elide Stancari (presidente FNP allevamenti bovini Confagricoltura), che già rappresenta una quota preponderante della produzione e della macellazione ed è pronto ad accogliere altri soggetti.

Le caratteristiche principali di questo nuovo strumento sono quelle di avere un carattere nazionale ed  essere fortemente rappresentativo delle attività economiche della produzione, della trasformazione e della distribuzione, come avviene nei Paesi dove queste strutture sono più consolidate, come Francia e Spagna.

Per una maggiore comprensione del problema dibattuto sono significativi alcuni numeri relativi alla carne bovina in Italia:

–         In Italia il consumo pro capite di carne (totale) è di 79 chili circa, uno dei più bassi di Europa (Spagna 99,5 Danimarca 109,8 Francia 85 Germania 86).

–         Il consumo procapite di carne bovina è pari a circa 17,5 chili. In 10 anni da 2005 al 2015 è passato da 25 chili a 17,4 chili (meno 30,4 %). Dai primi dati del 2016 si stima un ulteriore calo del 5%.

–         Sul consumo medio di carne fresca in Italia, la carne bovina rappresenta il 33% in peso ed il 44% in valore.

–         La consistenza totale di capi bovini in Italia (compreso le vacche da latte) è scesa tra il 2005 ed il 2015 da 6,2 a 5,8 milioni di capi (meno 6%)

–         Le macellazioni di carne bovina in Italia sono scese tra il 2005 ed il 2015 da 1,1 milioni di tonnellate (peso morto) a 772 mila tonnellate (meno 30%)

–         In numero di capi, le macellazioni bovine erano 3,2 milioni nel 2007 e 2,6 milioni nel 20016 (diminuzione del 19%)

“La nostra OI con queste caratteristiche” hanno affermato i rappresentanti di Cia, Confagricoltura e Uniceb, “rappresenta un deciso salto di qualità rispetto alle esperienze abbozzate nel passato, con una visione strategica ed una cultura economica nuova, adeguata alle sfide del mercato attuale ed alle mutevoli esigenze dei consumatori. Questa formazione -hanno concluso- può concretamente favorire il raggiungimento di molti obiettivi: valorizzare e aumentare il potenziale produttivo italiano, salvaguardando e accrescendo il reddito degli operatori; promuovere un consumo sano, responsabile e informato; realizzare strategie di qualità, anche relative al benessere degli animali ed alla sostenibilità dei processi produttivi; favorire la regolazione delle relazioni contrattuali di filiera e puntare sull’innovazione tecnologica, organizzativa e di mercato”.