Donatello Urbani
“Con la mia arte ho cercato di spiegare a me stesso la vita e il suo significato, ma anche di aiutare gli altri a comprendere la propria vita” - Edvard Munch
Dopo Milano è la volta di Roma. Mostra evento di grande importanza tanto da essere inaugurata dal Presidente della Repubblica Italiana e dalla Regina di Norvegia. Prodotta e organizzata da Arthemisia che per l’occasione festeggia anche il 25/esimo compleanno ed ha come main partner la Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale.

Da sinistra; Prof. Alessandra Taccono (Terzo Pilastro Internazionale)- Johan Vibe (Ambasciatore Regno Norvegia) – Prof. Emmanuele Emanuele (Già Direttore Terzo Pilastro Internazionale) – Iole Siena (Arthemisia)
Edvard Munch – Norvegia 1863/1944 – è tra i principali artisti simbolisti del XIX secolo e anticipatore dell’Espressionismo, un artista dalla vita segnata da grandi e precoci dolori, Munch fin da subito è stato in grado di instaurare col suo spettatore un’immediata empatia, facendo percepire, oltre che vedere, la sofferenza e l’angoscia.

Edward Munch: “Malinconia” – 1900/1901 – Olio su tela
La perdita prematura della madre a soli 5 anni e della sorella, la morte del padre e la tormentata relazione con la fidanzata Tulla Larsen sono stati il materiale emotivo primigenio sul quale l’artista ha cominciato a tessere la sua poetica, la quale si è poi combinata in maniera originalissima, grazie al suo straordinario talento artistico, con la sua passione per le energie sprigionate dalla natura.

Edvard Munch: “Autoritratto su sfondo verde” e “Tulla Larsen” – 1905 – Olio su tela
Plasmato inizialmente dal naturalista norvegese Christian Krohg, che ne incoraggiò la carriera pittorica, negli anni Ottanta del Novecento si recò a Parigi dove assorbì le influenze impressioniste e postimpressioniste che gli suggerirono un uso del colore più intimo, drammatico ma soprattutto un approccio psicologico.

Edvard Munch: “Il rosso e il bianco” – 1899/1900 – Photo Munchmuseet
A Berlino contribuì alla formazione della Secessione Berlinese e nel 1892 si tenne la sua prima personale in Germania, che fu reputata scandalosa: da quel momento in poi Munch viene percepito come l’artista eversivo e maledetto, alienato dalla società, un’identità in parte promossa dai suoi amici letterati. A metà degli anni Novanta del XIX secolo si dedicò alla produzione di stampe e, grazie alla sua sperimentazione, divenne uno degli artisti più influenti in questo campo.
La sua produttività e il ritmo serrato delle esposizioni lo porteranno a ricoverarsi volontariamente nei sanatori a partire dalla fine degli anni Novanta del XIX secolo.
Relazioni amorose dolorose, un traumatico incidente e l’alcolismo – vivendo la vita “sull’orlo di un precipizio” – lo portarono a un crollo psicologico per il quale cercò di recuperare in una clinica privata tra il 1908 e il 1909.
Dopo aver vissuto gran parte della sua vita all’estero, l’artista quarantacinquenne tornò in Norvegia, stabilendosi al mare, dipingendo paesaggi e dove iniziò a lavorare ai giganteschi dipinti murali che oggi decorano la Sala dei Festival dell’Università di Oslo. Queste tele, le più grandi dell’Espressionismo in Europa, riflettono il suo sempre vivo interesse per le forze invisibili e la natura dell’universo.
Nel 1914 acquistò una proprietà a Ekely, Oslo, dove, da celebre artista internazionale, continuò il suo lavoro sperimentale fino alla morte, avvenuta nel 1944, appena un mese dopo il suo ottantesimo compleanno.

Edvard Munch: “L’urlo” – 1895 – Litografia – Photo Munchmuseet
Nel corso della sua lunga vita Edvard Munch realizzò migliaia di stampe e dipinti. Essendo tanto un uomo d’immagini quanto di parole, riempì fogli su fogli di annotazioni, aneddoti, lettere e persino una sceneggiatura per il teatro. L’esigenza di comunicare le proprie percezioni, il proprio ‘grido interiore, lo accompagnò per tutta la vita, e proprio questa attitudine è stato il motore della sua pratica come artista, che ha toccato tanto temi universali – come la nascita, la morte, l’amore e il mistero della vita – quanto i disagi psichici necessariamente connessi all’esistenza umana – le instabilità dell’amore erotico, il disagio prodotto dalle malattie fisiche e mentali e il vuoto lasciato dalla morte.
Questa mostra ruota attorno al ‘grido interiore’ di Munch, al suo saper costruire, attraverso blocchi di colore uniformi e prospettive discordanti, lo scenario per condividere le sue esperienze emotive e sensoriali: un processo creativo che sintetizza ciò che l’artista ha osservato, quello che ricorda e quanto ha caricato di emozioni.
Altre opere, invece, cercano di immortalare le forze invisibili che animano e tengono insieme l’universo. L’inizio della sua carriera coincide infatti con cambiamenti radicali nello studio della percezione: alla fine dell’Ottocento è in corso un dibattito tra scienziati, psicologi, filosofi e artisti sulla relazione tra quello che l’occhio vede direttamente e come i contenuti della mente influiscono sulla nostra vista. Il suo interesse per le forze invisibili che danno forma all’esperienza, condizionerà le opere che lo rendono uno degli artisti più significativi della sua epoca. Precursore dell’Espressionismo e persino del Futurismo del XX secolo nella sua esplorazione delle forze impercettibili, oggi continua a “parlare” alle visioni interiori e alle preoccupazioni anche di noi, uomini e donne dell’età moderna. Nelle sue creazioni Munch punta a rendere visibile l’invisibile.

Edvard Munch: “Disperazione” .- 1894 – Olio su tela
Le cento opere presenti nel percorso espositivo sono state incluse in sette diverse sezioni.
-Nella Prima “Allenare l’occhio” si possono ammirare opere riferite agli anni iniziali della sua carriere pittorica.
-La seconda “Quando i corpi si incontrano e si separano”, ci porta negli anni ‘90 del XIX secolo dove Munch comincia a organizzare le sue immagini di desiderio erotico, risveglio sessuale e desolazione in una serie chiamata “Amore” che sviluppa nel corso dei decenni successivi e trasforma nella serie intitolata “Il Fregio della vita”, che per lui simboleggia un ciclo essenziale della vita umana.
-La terza sezione “Fantasmi” si incentra su quanto scrive l’artista: “La malattia fu un fattore costante durante tutta la mia infanzia e la mia giovinezza. La tubercolosi trasformò il mio fazzoletto bianco in un vittorioso stendardo rosso sangue. I membri della mia cara famiglia morirono tutti, uno dopo l’altro”.

Edvard Munch: “La tomba di P.A, Munch a Roma” (zio dell’artista e importante uomo di cultura) – 1927 – Olio su tela
-Quarta sezione “Munch e l’Italia”. Risale al 1899 il primo soggiorno a Roma con l’amata Tulla Larsen ed è l’occasione per trarre in parte ispirazione dall’arte di Raffaello nell’elaborazione del suo Fregio della vita in un allestimento architettonico narrativo. Anche i dipinti monumentali successivi devono un tributo al Rinascimento italiano: “Penso alla Cappella Sistina… Trovo che sia la stanza più bella al mondo.” Munch torna in Italia nel 1922 (“più gloriosa che mai”) e trascorre un giorno a esplorare la Basilica di Sant’Ambrogio a Milano.
-Quinta sezione: “L’universo invisibile”. Per Munch la Terra è un elemento dotato di coscienza e respiro. Come molti altri intellettuali del suo tempo, egli segue il dibattito in corso in merito al rapporto tra scienza, tecnologia, religione e misticismo. È attratto dalla dottrina del monismo, secondo la quale la mente e la materia, le forze invisibili e il mondo materiale convergono. La cosmologia personale di Munch è modellata sulla base dell’idea che l’ambiente fisico e i corpi delle creature agiscano gli uni sugli altri, permettendo alle energie invisibili (come le radiazioni solari, l’elettromagnetismo, la telepatia, la crescita cellulare) di interagire con il mondo visibile. In mostra Uomini che fanno il bagno (1913-1915), Onde (1908) e Il falciatore (1917).

Edvard Munch: “Il falciatore” – 1917n – Olio su tela
-Sesta sezione: “Di fronte allo specchio (Autoritratto)”. L’artista posa sempre con grande originalità di fronte allo specchio. Invecchiando Munch tiene progressivamente traccia degli effetti causati dall’impietoso passare del tempo: il suo Il viandante notturno (1923-24) raffigura l’artista che sbircia da un lato della composizione, come una vittima dell’insonnia che vaga tra le stanze della propria casa. A settant’anni, Munch si rappresenta come una figura instabile ne Autoritratto tra il letto e l’orologio (1940-1943) con le sue mani prolifiche che penzolano inerti ai lati del corpo. In tal senso lo specchio è uno strumento molto peculiare, suo complice durante i tentativi di auto-invenzione.

Edvard Munche: “Autoritratto davanti asl muro di casa” – 1926
-Settima sezione: “L’eredità di Munch”. In tutta la sua carriera Munch è stato un grande sperimentatore, che ha saputo intrecciare numerose forme di creatività: dalla pittura classica al cinema, dall’incisione alla fotografia, la sua ricerca ha mantenuto una straordinaria coerenza ed un potere evocativo ancora oggi estremamente contemporaneo. La sua ricerca, ancora oggi in parte da spiegare, costituisce la premessa per la nascita delle Avanguardie che nel XX Secolo porteranno gli artisti a cercare soluzioni sempre più radicali, spesso non apprezzate dal pubblico nell’immediato, ma destinate a definire il nostro immaginario e diventare gli strumenti migliori per raccontare le nostre emozioni più profonde.
Roma – Palazzo Bonaparte – P.za Venezia, n.5. Fino al 2 giugno 2025. Informazioni e prenotazioni Tel. +39 06 87 15 111 – www.arthemisia.it – www.mostrepalazzobonaparte.it – info@arthemisia.it. Biglietti d’ingresso: Open € 22,00 – Intero € 18,00 – Ridotto € 17,00