Donatello Urbani, foto courtesy Ufficio Stampa Non c’è Problema S.r.l.
Un’innata curiosità mi ha spinto a partecipare alla conferenza stampa di presentazione del docufilm “Resilienza” , di e con Paolo Ruffini, per approfondire la conoscenza di questo bravo attore/regista, da me conosciuto, prima di allora, solo per essere un antidivo, in aggiunta a un lontano ricordo del primo incontro con la parola “resilienza” scoperta a Hiroshima. Accadde tanti anni fa, quando, al parco della pace, ho appreso la storia di una bambina contagiata dalle radiazioni dell’esplosione atomica con una forma di leucemia incurabile. Questa piccola giapponese pensava che sarebbe riuscita a sopravvivere ed ottenere una completa guarigione solo se fosse riuscita a realizzare mille cicogne di carta. Purtroppo per lei è stata fermata prima, a poco più di settecento ed anch’io, insieme ad altre migliaia di visitatori, ho voluto aiutarla in questa sua impresa e ho deposto la mia cicogna di carta sulla lapide che la ricorda per alimentare e tener viva la sua resilienza convinto che proprio questa virtù fosse una colonna portante della nostra civiltà e del nostro modo di affrontare la vita e le relative avversità specie di fronte a malattie incurabili.
Alessandro Cavallini, sul palco, racconta la sua malattia al pubblico al cospetto di Paolo Ruffini,
“I protagonisti del mio documentario”, afferma Paolo Ruffini, “con le loro storie hanno voluto demonizzare e ridicolizzare la malattia, e , nello stesso tempo, descriverla e viverla come una realtà che si può raccontare anche attraverso il coraggio ed il buon umore pur nella consapevolezza di trovarsi schiacciati tra due possibilità: il successo o il fallimento. La vita o la morte”. Significativa in proposito, oltre la storia del giovane Alessandro Cavallini, deceduto a 14 anni a causa di un tumore pediatrico – neuroblastoma – e intorno alla quale ruotano anche tutte le altre, é l’intervista a Summy Basso che affronta il problema della sua disabilità con due diverse direttrici: una scientifica, approfondendo gli studi della biologia per seguire da vicino le ricerche scientifiche sulla sua malattia, e l’altra religiosa, cercando d’interpretare, da credente, il dubbio sulla giustizia divina e rispondere alla domanda che si pongono tutti i malati,: “Perché proprio a me?”.
Paolo Ruffici e Summy Basso nel corso del loro colloquio/intervista
Questo interrogativo a ben vedere affligge tutti i nostri piccoli e grandi eroi, non più di una manciata, che raccontano in questo film il loro viaggio attraverso la malattia. Uno spazio e un ruolo importante è stato riservato anche agli operatori sociali, medici, psicologi, fondatori di Make a Wish, responsabili del Dinamo Camp, clown-dottori, Ridolina e amici di Alessandro, tutte associazioni che dedicano il proprio tempo e le proprie risorse alla cura e all’assistenza delle persone, giovani in particolare, che devono affrontare le difficoltà legate alla malattia. Tanti i messaggi che questo bellissimo film, realizzato senza sbavature tanto nella sceneggiatura, che nella regia,dialoghi, suoni e fotografia, vuole proporre alla nostra attenzione; tutti, come indica il titolo, sono rivolti ad un’unica finalità e riepilogabili in una sola parola: “Resilienza”.