Il Bambino Eterno – La disabilità in mostra nel Complesso Valdina – Camera dei Deputati.

Testo e foto di Donatello Urbani

Una location prestigiosa quella di Piazza Campo Marzio a Roma per una mostra che espone opere di disabili curata e presentata dalla Onlus “Noi come voi”  di Galliate (Novara). Il complesso di Vicolo Valdina fa parte integrante della Camera dei Deputati , quindi non facilmente accessibile ai comuni cittadini, obbligati al rispetto delle rigide regole di sicurezza imposte alla protezione d’istituzioni d’importanza vitale per la nazione.

IMG_20180117_170443Cristo Patocratore raffigurato nel catino absidale della chiesa dedicata a Sant’Anselmo già facente parte del Convento in Campo Marzio delle Monache Benedettine giunte dall’oriente a Roma a seguito della campagna iconoclasta promossa dall’imperatore bizantino Leone III^ Isaurico

Comunque la rassegna merita tutta la nostra ammirazione e perdere di visitarla è veramente un peccato mortale sia per l’interesse artistico delle opere esposte, che per i temi affrontati, proposti tutti  all’attenzione dei visitatori senza remore, reticenze, isterismi o peggio ancora ispirati alla pietà e alla commiserazione. Significativo, in proposito,  è stato il saluto rivolto ai partecipanti all’inaugurazione dall’On.le Giovanni Falcone: “In queste opere emerge il vero sentire umano, non ultima la misericordia così come ce la presenta il nostro vivere cristiano oppure  il sentire laico e civile”. Di non minor importanza le parole della Presidente di “Noi come Voi”, Benedetta Sereno Clerici: “ Abbiamo dato voce, amplificandola con l’arte, a quanti  sono stati negati gli spazi per farsi sentire e porsi all’attenzione di tanti indifferenti, avvalendoci di tutte le opportunità presenti nella nostra società, come con i corsi d’arte, seguiti e curati da veri artisti, in forma del tutto  volontaria tanto in questa occasione come per tutte le altre nostre iniziative”.

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Albero della vita                                                                                                                                        Girotondo

Il percorso espositivo si articola in due sale, incluso il bellissimo refettorio dell’ex convento delle suore benedettine, dove sono accolte oltre venti opere che rispecchiano tutte un’unica caratteristica:  sono state realizzate a quattro o più mani e senza pressioni esterne. Ciascun artista ha svolto autonomamente un preciso e ben determinato compito, dalla impostazione del soggetto, al disegno preparatorio, alla scelta dei colori: – olio, tempera, acrilico ecc-, fino alla loro stesura sulla tela. Una tecnica questa molto usata anche da grandi artisti nella realizzazione di opere, specie di dimensioni ragguardevoli quali i grandi affreschi, senza per questo sminuirne l’interesse ed il valore artistico.  Proprio questi offrono uno spunto quanto mai interessante offrendoci un “meticciato” di tecniche che rendono queste opere uniche e singolari. Altrettanto interessanti sono i soggetti raffigurati che certamente hanno incontrato il favore di tutti i partecipanti alla realizzazione dell’opera.

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Ballerina                                                                                                                                                Bella la Vita

Tutte sono un inno alla vita sia quando raffigurano “L’albero della vita”, oppure un  “Sole” dal colore rosso vivo che illumina giornate radiose e piene di luce, per giungere alla “Ballerina”, una vera esaltazione, forse ambita da chi ne è privato, a muoversi in libertà in tutte le movenze possibili. Sono opere queste  che si rispecchiano a tutto tondo nelle parole della Presidente Benedetta Sereno Clerici e che vogliono: “…..recuperare la spontaneità, la creatività, la fantasia per equilibrare un mondo adulto spesso svuotato dei suoi contenuti…..Tornare bambini significa nutrire il proprio Bambino interiore, recuperare lo sguardo infantile, lo sguardo incantato. Il bambino è l’apertura nei confronti del mondo e nei confronti degli altri, è la spinta verso la vita e verso lo spirito”.

Roma – Complesso di Vicolo Valdina – Piazza Campo Marzio, 42 fino al 26 gennaio 2018 con ingresso gratuito (per le autorizzazioni alla visita consultare il sito della Camera dei Deputati) –  orario dalle ore 10,00 alle 18,00 dal  lunedi al venerdi.

Una vita per l’arte: Roberto Conforti. Un convegno insieme alla presentazione della mostra “Archeologia un ritorno reale” ,di prossima programmazione alla Reggia di Caserta, ed allo spettacolare recupero di ben 250 personaggi del presepe napoletano del ‘700.

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino  e  Donatello Urbani

Avevo una domanda, purtroppo rimasta inevasa, che volevo rivolgere al Generale Roberto Conforti, Comandante dei Carabinieri TPC – Tutela Patrimonio Culturale nel corso di una conferenza stampa-: ”Quanto resta del cosiddetto fiuto investigativo (dote ritenuta primaria da tutti gli investigatori  e della quale il Generale Conforti era abbondantemente dotato, certamente pur non ammettendolo) dopo gli apporti tecnologici e scientifici da lui voluti ed introdotti sotto il suo comando?”.  La mia curiosità poteva essere appagata solo dal Generale Conforti perché i suoi successori si sono trovati già a disposizione un ampliamento dei nuclei Carabinieri TPC su tutto il territorio nazionale e cosa, di primaria importanza, una banca dati con oltre un milione e seicentomila schede relative ai beni culturali di proprietà dello stato italiano  catalogati, fotografati  e descritti nei più piccoli particolari.

cratere EufronioCratere a calice attico a figure rosse con il trasporto del corpo di Sapedonte. Opera firmata da Euxitheos ed Euphronion acquistato nel mercato antoquario dal metropolitan Museum di New York e recuperato dal Comando carabinieri Tutela Patrimonio Culturale.

Grazie a questa nuova opportunità tecnologica è stata possibile la restituzione del famoso cratere a calice attico a figure rosse raffiguranti il trasporto di Sarpedonte firmato da Euxitheos ed Euphronios acquistato dal Metropolitan Museium di New York per la considerevole cifra di un milione di dollari USA. Mai, prima di allora, un reperto archeologico era stato pagato tanto al mercato clandestino e questo contribuì negativamente perché rendeva vantaggioso il commercio di reperti archeologici trafugati e sottratti ai patrimoni culturali nazionali anche se di provenienza da scavi clandestini ed illegali. Forse il fiore all’occhiello dei recuperi del Comando Carabinieri TPC può riferirsi alla “Triade Capitolina”; un complesso marmoreo raffigurante Giove in mezzo a Minerva e Giunone, principali divinità venerate a Roma alle quali era dedicata un buon numero di templi tanto in città quanto nei territori periferici.

Triade capitolinaIl gruppo scultoreo della Triade Capitolina, recuperato al Passo dello Stelvio dal Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale nel 1994, é esposto dal 2012 nel Museo Civico Archeologico “Rodolfo Lanciani” di Guidonia Montecelio.

Recupero  avvenuto nel 1994, tre anni dopo l’assunzione del comando del Generale Conforti, nel mercato clandestino e proveniente da uno scavo illegale compiuto da tombaroli nei pressi di  Guidonia Montecelio. In questa occasione un ruolo di primo piano fu giocato dal fiuto investigativo che dava presente nel mercato clandestino un reperto archeologico di notevole importanza. Oggi questa preziosa opera d’arte è esposta nel Museo Civico Archeologico “Rodolfo Lanciani” di Guidonia Montecelio all’impronta della saggia politica di contestualizzazione e rivalutazione delle eccellenze culturali locali.

davConvegno: “Una vita per l’arte. Roberto Conforti” tenuto nella sala Pietro da Cortona dei Musei Capitolini. Veduta perziale  con i partecipanti.

Tutto questo  è stato al centro del  convegno dal titolo “Una vita per l’arte” organizzato dal Centro Europeo per il Turismo Cultura e Spettacolo e presieduto dal Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, Generale Tullio Del Sette,  per ricordare il Generale Conforti  a pochi mesi dalla sua scomparsa. In questa occasione è stata annunziata la  realizzazione di una  mostra nella Reggia di Caserta dove saranno esposti i più significativi beni culturali recuperati nel corso degli undici anni che videro il Generale Conforti reggere con sagacia il Comando Carabinieri TPC.

Non è nostra abitudine riportare commemorazioni, ma in questo caso è stato un atto dovuto per rendere omaggio ad una persona che ha speso gran parte della sua vita a favore dell’arte.

A distanza di due giorni è giunto un comunicato del Comando Carabinieri TPC che dichiarava il recupero di oltre 250 pastori del presepe napoletano del ‘700, per un valore di 2 milioni di euro, rubati in abitazione private e chiese.

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Il recupero dei pastori, tutti autentici e realizzati secondo le antiche tradizioni dell’arte presepiale napoletana, famosa in tutto il mondo, è il risultato degli approfondimenti investigativi, nell’ambito di un’indagine su furti, commessi in danno di luoghi di culto e istituti religiosi, avvenuti in Comuni ubicati tra l’alto casertano e la provincia di Isernia (già in parte illustrati nella conferenza stampa del 13 settembre scorso). I sequestri dei preziosi manufatti sono avvenuti a carico di oltre 20 persone, residenti sull’intero territorio nazionale (Bergamo, Salerno, Brescia, Reggio Calabria, diversi comuni dell’hinterland napoletano), raggiunte tutte da informazioni di garanzia per il reato di ricettazione. Al momento i dati presenti nella banca dati dei Carabinieri TPC hanno consentito di individuare solo 49 pastori, oggetto di 3 importantissimi furti avvenuti, tra il 1999 ed il 2000, presso 2 abitazioni private di Napoli e dalla Chiesa di “Sant’Agnello” della costiera sorrentina.  Tutto questo vuole anche essere un monito rivolto ai cittadini di denunciare immediatamente le sottrazioni di opere d’arte di loro proprietà e, nello stesso, rivolgere loro un invito a prendere opportuni contatti al fine di riconoscere, attraverso le foto e le immagini diffuse dagli organi d’informazione, i personaggi  presepiali illecitamente sottratti.

“Traiano – Costruire l’Impero, creare l’Europa” – L’optimus princeps che portò l’impero romano alla sua massima estensione celebrato a 1900 anni dalla morte ai Mercati di Traiano

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani

Costruire un Impero di così vaste dimensioni quali quello romano nel suo massimo splendore non deve essere stata un’impresa facile neppure per un conquistatore nato quale lo fu Traiano. Per la prima volta un’unica volontà politica amministrava quasi tutti i territori oggi racchiusi nei confini europei. E in che relazione sta l’Impero Romano con l’Europa attuale? Scrivono i curatori della mostra“Traiano. Costruire l’impero, creare l’Europa” allestita a Roma nell’area archeologica dei Mercati di Traiano:  “Politica, economia, welfare, conquiste militari ottenute senza esclusione di colpi; inclusione di popolazioni diverse sotto un unico Stato che governa con leggi che ancora oggi sono alla base della giurisprudenza moderna; la buona amministrazione, influenzata anche da donne capaci, first ladies autorevoli; campagne di comunicazione e capacità di persuasione per ottenere il consenso popolare attraverso opere di pubblica utilità, magnificentia publica e lusso privato, ma discreto”.

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Questa rassegna s’incentra principalmente sul racconto della vita eccezionale di un uomo “ordinario”, significativamente sul titolo coniato espressamente per lui optimus princeps, ovvero il migliore tra gli imperatori. Colui che seppe riportare gioia tra i romani! come ricordato dallo storico Plinio il Giovane, suo contemporaneo “Traiano ci ha ordinato di essere felici e noi lo saremo”, come ha ricordato il sovrintendente capitolino Claudio Parisi Presicce nel corso della conferenza stampa. Primo imperatore non romano di nascita bensì ispanico, non appartenente ad alcuna dinastia imperiale, ma di ottima famiglia – Ulpia – Marco Ulpio Traiano segue le orme del padre naturale e percorre velocemente i gradi della carriera militare, dimostrando doti di stratega e combattente sul campo a fianco dei suoi uomini, dei quali guadagna così il consenso e la fedeltà assolute. Non solo per questo l’imperatore Nerva lo adotta come successore, ma anche perché ne percepisce le capacità di affrontare anche i temi spinosi delle riforme sociali ed economiche di cui l’Impero ha urgente bisogno: lo nomina mentre lui si trova in Germania, lontano dalla capitale che non ha mai visitato.

L’intero percorso espositivo si articola in sette sezioni e, nel corso dell’intero periodo, sarà integrato da conferenze, convegni e pregevoli eventi culturali quali una mostra immersiva che grazie alle nuove moderne tecnologie e allo storytelling, protagonisti anch’essi dell’allestimento e dei contenuti, consentono ai visitatori di trovarsi immersi nel mondo di Traiano.

La prima sezione introduce la figura di Traiano a partire dalla sua morte, di cui ricorre il 1900° anniversario attraverso uno spazio in penombra dove l’imperatore Traiano si presenta e si racconta.

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La seconda sezione ci porta in piena guerra in Dacia i cui protagonisti raccontano a ritroso la vittoria nel trofeo di Adamclisi, nonché le vicende dei combattimenti e la conquista dell’intero territorio. Il tutto è stato immortalato nel fregio della Colonna di Traiano, i cui calchi si distendono nella Grande Aula, mentre sul lato opposto il nemico sconfitto è evocato dalle imponenti figure dei Daci in mostra nel Foro di Traiano. Gli eventi del dopo la guerra che raccontano le prime fasi di quel processo di “costruzione della pace” che  si diffonde nelle province sono la seconda parte di questa sezione in cui le divinità romane si mescolano a quelle locali e le iscrizioni dei veterani di Traiano, ormai trapiantatisi nelle nuove terre romanizzate, raccontano di uomini di guerra che diventano notabili e amministratori cittadini.

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Testa di Plotina, moglie di Traiano, sulla sinisttra. Ebbe un ruolo importante sulla nomina del successore, Adriano, e nei rapporti che  intrattenne con lui una volta nominato imperatore. Alla morte lo stesso Adriano volle che Plotina fosse divinizzata. Sulla destra raffigurazione di nobildonna romana.

La costruzione di un impero: infrastrutture e welfare è il titolo assegnato alla terza sezione che parte con un grande video che ci trasporta nei luoghi delle province dell’impero. Modelli in scala e preziose raffigurazioni sulle monete evocano i monumenti che diffondono in tutto il vastissimo territorio un’immagine comune di vita civile, rendendo l’impero più solido, più unito, più Patria per tutti coloro che vivevano all’interno dei suoi confini, una Europa in nuce. Alla costruzione dell’impero, prendono parte, a fianco dei loro uomini, le donne della casa imperiale: partecipi della politica e dei saggi provvedimenti amministrativi  traianei. Queste figure furono modelli di comportamento per le altre donne non solo rispetto alle tradizionali virtù femminili (fedeltà, devozione, riservatezza, modestia, pudicizia), ma soprattutto in nuovi ambiti, quello imprenditoriale e quello energetico. Tutte avevano estesi possedimenti in Italia e in Africa, alcune erano proprietarie di fabbriche di laterizi: questa grande ricchezza permise una consistente opera di beneficenza a sostegno della collettività.

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La quarta sezione offre un Traiano privato presentandoci gli spazi privati dell’imperatore dove è possibile ammirare la raffinatissima decorazione con stucchi dorati, marmi e affreschi della villa ad Arcinazzo, solo da poco riportati alla luce, restaurati e ricomposti.

Traiano dopo Traiano è il tema affidato alla quinta sezione. Si parte con l’evocazione dei giorni caratterizzati dalla fortuna che la figura dell’imperatore ebbe a partire dalla sua morte fino all’età moderna. Questa carrellata nel tempo termina con  un omaggio contemporaneo reso  alla Colonna Traiana dall’artista romena Luminița Țăranu.

La sesta sezione ci accompagna “Verso Roma” come recita il titolo assegnatole, con un progressivo avvicinamento alla città tramite video e immagini dell’Italia di Traiano. I nuovi porti di Civitavecchia e di Porto, quest’ultimo  hub, portale dell’impero, che permetteva tramite una vera e propria autostrada fluviale, il Tevere, di raggiungere le banchine della capitale. E quindi i canali nascosti del grande acquedotto dell’Acqua Traiana, e le recenti scoperte della Roma traianea: le terme di Colle Oppio e la ricostruzione del Circo Massimo, e ancora la visione inedita degli splendidi e inaccessibili spazi affrescati dei Privata Traiani nelle profondità dell’Aventino. Avvicinandoci ad osservare con ancora più dettaglio i Mercati di Traiano, sede stessa della mostra, scopriamo le straordinarie abilità dei Romani quali grandi costruttori.

IMG_20171128_124652                                                                                                          Statua acefala di Dace

L’ultima sezione, settima, “Messaggi di pietra” parte dal Foro di Traiano, inizio e fine del percorso e sintesi dell’immagine di sé che l’imperatore volle trasmettere, che si svela ulteriormente con nuovi frammenti e nuove ricomposizioni che si aggiungono a quelli già noti: tutti elementi di un “discorso in pietra” fatto d’immagini dal potente significato simbolico e che caratterizzano gli spazi degli edifici , esaltando la figura di Traiano e la potenza dell’impero.

Roma – Mercati di Traiano – Museo dei Fori Imperiali, Via Quattro Novembre, 94. Fino al 16 settembre 2018 tutti i giorni dalle ore 9,30 alle 19,30. Biglietto d’ingresso integrato con Mostra più Mercati di Traiano e Museo dei Fori Imperiali , per residenti €.13,00, ridotto €.11,00, per gli altri, intero €.15,00, ridotto €.13,00.

“FIABE E LEGGENDE” – Un accattivante messaggio natalizio proposto ai visitatori di una interessante mostra al Vittoriano – Ala Brasini – da Lina Passalacqua.

Testo e Foto di Donatello Urbani

In questa esposizione l’artista romana Lina Passalacqua, propone il suo più recente ciclo pittorico che ha intolato “Fiabe e leggende” composto da circa 20 opere,  molte del tutto sconosciute al  grande pubblico, inclusi vari bozzetti preparatori, tutte realizzate nell’ultimo triennio ed ispirate alla letteratura fantastica da Aladino ad Alice nel paese delle meraviglie, da Il Soldatino di piombo a Pinocchio e Peter Pan quali libere interpretazioni pittoriche dell’artista verso una letteratura ingiustamente relegata nel novero della narrativa per l’infanzia.

Passalacqua il principe azzurro 9C0A9393                                                                     Lina Passalacqua: “Il Principe azzurro” – 2017. Olio su  tela

Scrivono i curatori: “Coi suoi lavori, Lina Passalacqua rivendica il fascino del mito, della leggenda e della fantasia utilizzando un linguaggio coerente con i suoi precedenti cicli pittorici quali Le quattro stagioni, I Voli, Le Vele, tutti presenti in mostra per dar vita a questa rassegna antologica”.

La Passalacqua giunge alla pittura passando prima per il teatro e l’arte della recitazione e questo, certamente, le ha insegnato quella facilità di linguaggio che successivamente ha trasferito nelle sue opere pittoriche sia pure, come rivelano alcuni critici: “con un dinamismo e un’energia sorprendenti, manifestamente futurista. Un lavoro, il suo,  dietro cui opera un lungo e appassionato esercizio di disegno preparatorio all’opera finale, come documentato nella sezione Flash dell’esposizione”.

Passalacqua                                                                     Lina Passalacqua: “I Tre Porcellini” – 2016. Olio su tela

Accompagna la mostra il catalogo/monografia pubblicato  da Gangemi Editore, pagine 141, costo €.25,00 che, oltre a documentare tutte le opere esposte, presenta il testo critico di Carlo Fabrizio Carli e un’antologia della critica.

Roma – Complesso del Vittoriano – Ala Brasini – Via San Pietro in carcere (lato Fori Imperiali) fino al 14 gennaio con orario di apertura dal lunedì al  giovedì: 9.30 – 19.30 – venerdì e sabato: 9.30 – 22.00 – domenica: 9.30 – 20.30. Ingresso libero consentito fino a 45 minuti prima dell’orario di chiusura.

Alla scoperta del “SUPEREROE” nel Palazzo degli Esami di Via Induno a Roma

Testo e foto di Donatello Urbani

Ad un buon numero di romani, con il coinvolgimento di ex giovani di tutta Italia, il Palazzo degli Esami di Via Induno a Roma significa un ritorno agli anni giovanili quando sostennero le prove di un concorso che allora richiese uno sforzo eroico per riuscire vincitore o comunque idoneo, come usava allora la giuria per accontentare i tanti non vincitori, sempre in numero limitato, che comunque avevano offerto una buona prova. Questo palazzo, pertanto, fin dalla sua origine, ha da sempre avuto uno stretto rapporto con gli “eroi”.

IMG_20171130_110834Un personaggio, forse l’autoritratto dello stessp Nthan Sawaya, accoglie il visitatore all’ingresso della mostra e lo invita a sedere nella sedia di fianco per un selfie e a scambiare due parole con lui.

I protagonisti di questa mostra che già nel titolo “A Roma chi è il vero Supereroe?”, spinge il visitatore alla ricerca di un personaggio, sono del tutto particolari sia per essere stati tutti raffigurati utilizzando il famoso mattoncino “Lego” sia perché, quasi tutti, sono nati prima che lo stesso Palazzo degli Esami fosse chiuso per adeguarlo a nuove e più moderne funzioni. Le oltre 120 opere che animano il percorso espositivo, sono state realizzate dall’artista statunitense Nathan Sawaya, che alterna l’atelier con lo studio di legale nelle città di New York e Los Angeles, dando corpo e consistenza ad una vera attività artistica nata come gioco degli anni giovanili.  Per la realizzazione di tutte le opere ha tratto, infatti, spunto e ispirazione dalla sua vita di adolescente costellata, alla pari di quella dei coetanei italiani,  dai Super Eroi, in prevalenza dei fumetti, incluse le armi e super potenti auto capaci di prestazioni fantastiche. In mostra insieme a Batman, Superman, Joker, Wonder Woman, Harley Quin inclusi i cattivi della DC anche una Batmobile in scala reale anch’essa realizzata interamente con i famosi mattoncini.

Una bella rassegna che vede protagonisti i supereroi di ieri e di oggi tutti protesi a far rivivere esperienze che hanno coinvolto tante oscure persone.

Franco Simongini “Come nasce un’opera d’arte” – Quando la televisione ha preso sul serio le arti figurative.

Testo e foto di Donatello Urbani

La capacità di saper presentare al meglio un’opera d’arte, alla stregua del genio artistico indispensabile per la sua realizzazione, è nelle preziose mani di “madre natura”. Entrambe rivestono  identica importanza ed entrambe si dividono meriti e fortune così come “toccati dalla dea bendata” sono considerati, dall’opinione pubblica, tutti coloro che ne vengono beneficiati. Questa magica opportunità viene dispensata sugli esseri umani con il contagocce ed ancor più rara è che venga trasferita da padre in figlio; cosa che invece è avvenuta fra Gabriele Simongini ed il padre Franco, primo critico/storico dell’arte che ha curato, a partire dal 1969, le fortunate trasmissioni televisive di Rai Teche su come nasce un’opera d’arte, in prevalenza contemporanea, anche, e principalmente, con il coinvolgimento degli stessi artisti.

IMG_20171121_113855 Il figlio Gabriele, docente all’Accademia D’Arte di Roma e uno fra i più quotati critici e storici d’arte contemporanei, ha curato, in collaborazione con Rai Teche, un convegno dal titolo “Come nasce un’opera d’arte” corredato dei più interessanti documentari d’arte realizzati dal padre Franco tra gli anni 1960 e 1991 che per primo, almeno in Italia, offrirono la bellissima opportunità di coinvolgere l’opinione pubblica nei nuovi sentieri tematici percorsi dall’arte contemporanea. Rivisti, a distanza di tempo, queste trasmissioni televisive hanno conservato intatta la loro bellezza ed attrattiva senza trascurare anche il loro alto valore didattico. Non per niente il tutto si è svolto nell’aula magna dell’Accademia d’Arte di Roma dove la presenza degli allievi è stata molto numerosa. All’insito valore didattico si è aggiunto anche quello storico e documentaristico sullo status dell’arte e sul modo in cui venivano presentati agli spettatori televisivi di quegli anni. Per quanti hanno avuto la fortunata opportunità di seguire in “presa diretta”, come si usava dire in quegli anni, queste interessanti trasmissioni è stato un tuffo nostalgico negli anni giovanili mentre i tanti che per la prima venivano a contatto con questi documentari hanno potuto trarre spunti, riflessioni ed idee sul mondo in cui si muovevano le arti figurative negli anni immediatamente precedenti ai loro.  La comprensione  e la lettura del messaggio che molti artisti hanno voluto rivolgere al grande pubblico non sempre è stato agevole in tutte le epoche. Significativi, forse anche per essere i più noti, i rifiuti opposti alle opere di Caravaggio  che, tutto sommato, sono stati solo  un episodio intermedio succeduto  ai tanti precedenti e successivi che hanno dovuto affrontare nel corso degli anni moltissimi artisti. Causa comune a tutti è sempre stata la mancata o parziale conoscenza e comprensione, delle arti figurative contemporanee. Cosa presente anche ai giorni nostri. Una buona soluzione a questo problema potrebbe essere offerta dal riproporre queste trasmissioni, sia pure con le dovute correzioni dettate dalle nuove tendenze e tecnologie, ma che comunque avrebbero nuovamente il meritorio pregio di rendere leggibili e comprensibili i tanti messaggi che quotidianamente ci rivolgono gli artisti attraverso le loro opere. L’iniziativa di Gabriele Simongini è meritoria anche per questo.

Monet – Capolavori dal Musèe Marmottan Monet, Parigi

Testo e foto di Donatello Urbani

Delle oltre cento opere d’arte custodite nella casa museo Marmottan a Parigi pervenute nel 1966 a seguito di un lascito di Michel Monet, figlio del famoso pittore Claude, ben 56 sono presenti nella mostra allestita nell’apposito spazio espositivo del primo piano – ala Brasini – al Vittoriano di Roma. “Sono tele”, ha dichiarato Marianne Mathieu, direttrice del Musée Marmottan e curatrice della mostra, “che l’artista stesso voleva trattenere, forse dubitando che il suo nuovo stile pittorico non sarebbe stato accettato dalla critica e forse anche rifiutate dal pubblico”. Solo quando la fama consolidatasi dopo la morte del maestro le ha poste al sicuro dalle critiche è stato possibile esporle ed oggi sono accettate anche come innovatrici dell’arte pittorica e prime testimonianze di un nuovo corso che si affermerà e sarà dominante in seguito per molti anni.

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Il percorso espositivo inizia portandoci attraverso un gioco di luci e foto nel giardino di casa Monet a Giverny. Una volta ammessi nell’abitazione incontriamo i primi lavori di Monet. Sono delle caricature che in parte venivano regalate agli amici e in parte vendute a 10 o 20 franchi  consentendo al pittore di sopperire alle necessità economiche della famiglia che si era formato, sposando nel 1870, la sua modella Camille Doncieux e che nove anni più tardi lo lascerà vedovo con due figli Jean e Michel.

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In seguito si legherà ad Alice Hoschedé ed ai sei figli da lei avuti dal precedente marito Ernest, formando una famiglia allargata che sarà sempre amata e venerata dal pittore. Prima di stabilirsi a Giverny Monet inizia un pellegrinaggio per l’Europa, con una preferenza per le varie località francesi, in cerca, dicono i suoi critici, di motivi e stimoli per la sua pittura. Sono in prevalenza ritratti di paesaggi, opere di cavalletto, che Monet realizza dal vivo attratto delle bellezze naturali.

IMG_20171018_125126                                                                                                                                         Normandia

Questo desiderio di ritrarre la natura é il file rouge che lo accompagnerà per tutta la vita, anche quando, nel 1890, diverrà il proprietario di una casa “dall’intonaco rosa” a Giverny che sarà un punto di riferimento fisso sia per la sua vita privata quale rifugio dopo i suoi viaggi più o meno lunghi in tutta Europa, sia per l’attività artistica con le tante tele che a partire dal 1902 riproducono le ninfee amorevolmente coltivate essendo anche un appassionato giardiniere. I primi anni del ‘900 offrono agli artisti,, in particolare ai pittori, una fonte d’espirazione in più giunta dall’oriente: il “japanisme” e Monet non poteva lasciarsi sfuggire questa bella occasione specie nell’introdurre nel proprio giardino elementi ispirati ai giardini giapponesi in particolare con i caratteristici ponticelli che collegano le due sponde dello stagno. Per Monet questi anni segnano anche una difficile situazione familiare dovendo assistere alla morte di molti suoi amati familiari. Amarezza e sconforto  traspirano anche in alcune sue opere.

IMG_20171018_125529                                                                                                                                             Ninfee con agapanti

Scrivono in proposito i curatori: “…..Monet, appartato nel suo giardino, dedica una serie di tele al salice piangente come a riecheggiare l’angoscia e la tristezza che lo attanagliano. Non c’è dubbio che fosse legato a quest’albero da un rapporto di affetto: aveva piantato personalmente vari esemplari di salice sulla sponda del suo giardino acquatico e trascorreva lunghe ore a contemplarli. Nella serie dipinta tra il 1918 ed il 1922, lo stagno, il cielo, le nuvole e i fiori scompaiono, le composizioni si concentrano sul tronco solitario e l’ondulazione dei rami, la superficie della tela è saturata da una pioggia verticale di vibrazioni di colore…..”  Trascorsi pochi anni anche Monet abbandonerà per sempre il suo giardino lasciando nella sua casa dall’intonaco rosa una serie di tele, quelle che più da vicino lo hanno accompagnato lungo tutta la sua vicenda umana ed artistica: tele che adesso possiamo ammirare visitando questa rassegna.

Roma – Complesso del Vittoriano – Via S.Pietro in Carcere (lato Fori Imperiali) fino all’11 febbraio 2018 con orari dal lunedi al giovedi 9,30/19,30,  venerdi e sabato fino alle 22,00 e domenica fino alle 20,30. Biglietto d’ingresso intero €.15,00- ridotto €.13,00 inclusa l’audioguida. Previste riduzioni e gratuità. Informazioni e prenotazioni www.ilvittoriano.com –tel. O6.8715111

HOKUSAI – Sulle orme del maestro – . In mostra a Roma all’Ara Pacis

Donatello Urbani

Nelle Sacre Scritture occidentali sia il mare che l’acqua, in generale, sono considerati depositari del male e fonti di pericolo. A queste tesi si contrappone, restando sempre in occidente, la teoria  laica dei sogni di Freud, dove l’acqua, il più onirico dei liquidi, ha un ruolo essenziale. Cadere nell’acqua, o uscirne, simboleggia la nascita, mentre il mare con la sua vastità rappresenta l’inconscio. Percependo nel mare una metafora dell’inconscio, la psicanalisi afferma quello che molti hanno già intuito naturalmente: il mare è un riflesso del mondo.

01. HOKUSAIKatsushika Hokusai: “La [grande] onda presso la costa di Kanagawa”, dalla serie Trentasei vedute del monte Fuji, 1830-1832 circa. Silografia policroma. Kawasaki Isago no Sato Museum

La mostra allestita all’Ara Pacis con circa duecento opere ukiyoe – letteralmente “immagini del Mondo Fluttuante – ha come riferimento simbolico, la “Grande Onda”, opera  realizzata da Katsushika Hokusai (1760-1849), maestro indiscusso dell’ukiyoe, che insieme  alla grande forza sprigionata e la potenza protesa verso il cielo ci presenta, quasi in contrapposizione, il paesaggio idilliaco del monte Fuji. Questa opera  ebbe notevole successo in occidente, testimoniato sia da una grande diffusione con  numerose riproduzioni, che dall’influenza esercitata sugli artisti parigini di fine Ottocento, tra i quali Manet, Toulouse Lautrec, Van Gogh e Monet e tutti gli altri che insieme diedero vita al movimento del “Japonisme”. Indubbiamente  la Grande Onda, così come quelle che ad essa trassero ispirazione, tutte con soggetti marini o comunque acquatici,  trovarono nei decenni successivi, anche fuori dai confini nazionali, terreno fertile per affermarsi e rappresentare un  punto d’incontro tra la cultura e le teorie occidentali con il gusto estetico orientale. Scrivono in proposito i curatori: “la mostra intende illustrare la produzione del Maestro in fecondo confronto con quella di alcuni tra gli artisti che, seguendo le sue orme, dettero vita a nuove linee, forme, equilibri di colore all’interno del tradizionale filone dell’ukiyoe. Hokusai ha esplorato soggetti di ogni tipo: dal paesaggio alla natura, animali e fiori, da ritratto di attori del teatro kabuki a quello di beltà femminili e guerrieri fino alle immagini di fantasmi e spiriti e di esseri e animali semileggendari. Era uno sperimentatore che variava formati e tecniche: dai dipinti a inchiostro e colore su rotolo verticale e orizzontale, alle silografie policrome di ogni misura destinate al grande mercato, fino ai più raffinati “surimono”, utilizzati come biglietti augurali, calendari per eventi, incontri letterari, cerimonie del tè, inviti a teatro. I volumi dei “Manga” raggruppano centinaia di schizzi e disegni compendiari dello stile innovativo ed eccentrico del Maestro. Stampati in solo inchiostro nero con qualche tocco di vermiglio leggero,rappresentano modelli per ogni genere di soggetto messi a disposizione di giovani artisti e pittori”.

Il percorso espositivo si articola in cinque sezioni e presentano tanto le opere di Hokusai che quelle di artisti che a lui si sono ispirati, tra questi Keisan Eisen, che, come scrivono i curatori fu: “apprezzato sia in patria sia tra gli estimatori europei di arte giapponese dell’Ottocento per i suoi ritratti di beltà che furono presi a modello anche da Van Gogh. Tra le opere di Eisen – la cui figura artistica è presentata in Italia per la prima volta in questa mostra – è la bellissima e imponente figura di cortigiana che Van Gogh dipinge alle spalle di Père Tanguy nell’omonimo ritratto, pubblicata anche in copertina del Paris Le Japon Illustré nel 1887”.

06. HOKUSAI                                            Katsushika Hokusai: Il Monte Fuji al tramonto, 1843. Dipinto su rotolo. Collezione privata

La prima sezione dal titolo “Meisho”: mete da non perdere” espone due rotoli, mettendoli a confronto, che hanno il Monte Fuji protagonista: il “Monte Fuji all’alba” dipinto da Hokusai 1843 – con un riverbero rosato delle luci dell’aurora con “Veduta del monte Fuji nel piccolo sesto mese’’ realizzato nel 1837 da Totoya Hokkei (1780-1850), allievo di Hokusai che raffigura il monte avvolto da un cerchio nebuloso biancastro con la cima coperta dal cappuccio di neve. In questa sezione sono presenti oltre un album di Hokusai che raffigura le cinquantatre stazioni del Tōkaidō abbinate ad attività quotidiane e mestieri tipici, stampate con minuzia di particolari e pochi vivacissimi colori, anche immagini dei luoghi celebri (meisho) che in epoca Edo godevano di popolarità tale da essere prodotte in serie. Le silografie erano anche in forma di gioco da tavolo come il sugoroku (simile al gioco dell’oca ma in questo caso d’autore) o rilegate in libri o album illustrati in più volumi sulla città di Edo, (Tokyo) sul Tōkaidō e altri luoghi famosi. In questa sezione sono esposte, alternativamente per ragioni conservative, due diverse versioni della “Grande onda”, una proveniente dal Museo d’Arte Orientale “Chiossone” di Genova e l’altra dalla collezione Kawasaki Isago no Sato Museum.

09. EISENKeisai Eisen: “Totsuka: Masuyama di Matsubaya” dalla serie: “Gioco del Tōkaidō con cortigiane: Cinquantatré coppie a Yoshiwara”, 1825. Silografia policroma, 37,9 × 25,6 cm Chiba City Museum of Art

Nella seconda sezione: “Beltà alla moda” sono esposte immagini legate al mondo della seduzione rappresentate da raffinati dipinti su carta o su seta nel formato del rotolo verticale da appendere, firmati da Hokusai, da Eisen e dagli allievi più vicini a Hokusai, tra cui Teisai Hokuba, Katsushika Hokumei, Ryūryūkyo Shinsai, Gessai Utamasa. Di Eisen sono presenti alcune “immagini pericolose” – abunae-, così chiamate per la raffigurazione di scene amorose, come per esempio l’album in dodici fogli di grande formato, uno per ogni mese dell’anno.

05. HOKUSAIKatsushika Hokusai: “Il Fuji da Gotenyama presso Shinagawa sul Tōkaidō,”  dalla serie “Trentasei vedute del monte Fuji”, 1830-1832 circa. Silografia policroma. Kawasaki Isago no Sato Museum

Nella terza sezione: “Fortuna e buon augurio” sono esposti alcuni surimono di Hokusai di grande formato orizzontale che raffigurano alcune delle stazioni del Tōkaidō, accanto a surimono di Eisen,realizzati invece nel piccolo formato quadrato, che rappresentano località ma soprattutto oggetti scelti per il loro valore simbolico e benaugurale legati ad un preciso momento dell’anno, della stagione, delle festività e delle credenze popolari. Per la prima volta sono mostrati undici rotoli dipinti di una serie di dodici, firmati da Hokusai, con figure di saggi e immortali, oltre a figure del repertorio del teatro kyōgen.

Nella quarta sezione; “Catturare l’essenza della natura”, sono messi a confronto due dipinti di Hokusai di medesimo soggetto – la tigre e il bambù – uno del 1818 e uno del 1839. Interessante il confronto tra gli stili di Hokusai e di Eisen nella resa di un identico soggetto: una carpa.

Nella quinta sezione: “Manga e manuali per imparare” oltre ai famosissimi manuali di Hokusai stampati con il solo contorno nero-grigio e qualche tocco di vermiglio leggerissimo, sono esposte alcune pagine del Libro illustrato. “La borsa di broccato”, una raccolta di motivi decorativi ad uso per gli artigiani, realizzati da Eisen nel 1828.

All’inaugurazione non era disponibile il catalogo. E’ augurabile, data l’importanza di questa rassegna, che nel frattempo si sia provveduto a stamparlo.

Roma:  Museo dell’Ara Pacis Lungotevere in Augusta, Roma, fino al 14 gennaio 2018 tutti i giorni ore 9.30 – 19.30 – 24 e 31 dicembre ore 9.30 – 14.00. Chiuso il 25 dicembre e il 1 gennaio. Biglietto d’ingresso per la sola mostra: 11€ intero; 9€ ridotto + prevendita € 1. Gratuito per le categorie previste dalla tariffazione vigente. Informazioni e notizie tel. 060608 sito web www.arapacis.it –  www.museiincomuneroma.it –  www.hokusairoma.it www.facebook.com/hokusairomawww.instagram.com/hokusairomawww.twitter.com/museiincomune – #HokusaiRoma

Elisabeth Peyton & Camille Claudel insieme in una mostra a Villa Medici– Accademia di Francia– dal suggestivo titolo “Eternelle Idole”.

Testo e foto di Donatello Urbani

Dalla visita a questa mostra, magistralmente allestita negli affascinanti spazi di Villa Medici, sede dell’Accademia di Francia a Roma, mi aspettavo una risposta sull’evoluzione subita dagli idoli femminili a partire dagli ultimi anni  fine ‘800, fino ai nostri giorni, in una società molto diversa dalla nostra quali quella francese e statunitense. Le due artiste che devono accompagnarmi in questo percorso ed appagare anche le mie curiosità, sono Camille Claudel (1864/1943), francese, e la newyorkese contemporanea Elisabeth Peyton,  entrambe quasi sconosciute in Italia.

dav                                                                                                                Camille Claudel: “L’Abandon” – 1905. Bronzo

Camille, una delle maggiori scultrici del suo tempo, si presenta e parla di se stessa attraverso le sue opere, esposte per la prima volta a Villa Medici. “L’Abandon” e ancora di più con il “Portrait de Rodin” ci testimoniano quanto importante sia stato per lei l’incontro con il grande maestro Rodin sia per la sua vita sentimentale che in quella artistica. Scrive in proposito la curatrice Chiara Parisi: “Inizialmente allieva dello scultore francese Rodin (1840/1917) in seguito sua amante ed artista lei stessa, Claudel fu modella e musa per diverse opere dello scultore che si possono vedere a Villa Medici, come il sensuale abbraccio “L’Eternel Printepems” del 1884 e i suoi ritratti”.

IMG_20171011_115937                                                                                                                       Elisabeth Peyton:David”- 2016. Olio su tavola

Sempre grazie alle parole della curatrice sappiamo che: “Elisabeth Peyton ha concepito l’Eternel Idole intorno ad un particolare modo d’espressione umana. Piuttosto che presentare una testimonianza storica o un omaggio, il suo obbiettivo è riflettere sui modi in cui gli artisti si relazionano uno all’altro nel tempo.” Il percorso espositivo che pone a confronto le opere di due artiste, prodotte a distanza di cento ani l’una dall’altra,  inizia prima di varcare il monumentale portone d’ingresso di Villa Medici. Su un grande telo che copre la facciata sono assemblate a cura di Elisabeth Peyton diverse immagini: la foto di un’opera di Camille Claudel: “Les Amants”, scattata nell’atelier dell’artista nel 1913, a fianco ad un ritratto di David Bowie, realizzata da Elisabeth Peyton nel 2016. Entrambe le opere ci pongono di fronte  e ci anticipano il messaggio, compreso il suo valore idealizzato, che sarà sviluppato in maniera più approfondita ed esauriente da tutte le altre esposte all’interno della villa. “Della Dama con l’Ermellino di (Leonardo) Da Vinci, “da una conversazione di Elisabeth Peyton con David Fray riportata sul catalogo, “ho letto che è stato il suo primo vero ritratto, in senso profano, con tratti psicologici. Questo si vede nel personaggio, e sarei curiosa di sapere la relazione che c’era tra di loro, non so cosa sia, ma si avverte una sorta di tenerezza e mi piacerebbe davvero sapere come lo ha dipinto quel quadro. Non lo saprò mai, certo. Non si può sapere. Però questo è il motivo per cui l’ho dipinto….”, riferimento al ritratto sulla facciata.  Questa dichiarazione di Elisabeth si pone in una stretta relazione di comunanza d’idee con l’opera di Camille, come chiaramente indicato nel titolo. Gli oltre cento anni che separano le due opere riprodotte nel “telero” confermano come anche il loro messaggio superi brillantemente i limiti imposti dal tempo ed abbia in se tutte le naturali caratteristiche per essere eterno.

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Auguste Rodin: “Ritratto di Camillòe Claudel” – !884                                                                                                                                Camille Claudel: “Ritratto di Auguste Rodin-1888/89

Strumento indispensabile all’esatta lettura di questa rassegna è il catalogo Edito da Electa, ricco di tavole a colori e testi in triplice lingua: francese, italiano ed inglese. Pag. 96 costo €.22,00.

Roma – Accademia di Francia – Villa Medici – Viale Trinità dei Monti, n.1, fino al 7 gennaio 2018 dal martedi alla domenica dalle ore 10,00 alle 19,00. Biglietto d’ingresso €.6,00, gratuito agli inferiori dei 18 anni. Gruppi €.1,00 previa prenotazione al dipartimento della Didattica via e.mail didattica@villamedici.it. Biglietto integrato con la visita a Villa Medici e ai giardini intero €.12,00 ridotto €.6,00 per categorie varie. Informazioni sul sito www.villamedici.it – tel. +39.06.67611

“LA NAVE DEI FOLLI” – Imponente dipinto di Patrizia Comand al centro di un’interessante mostra a Palazzo Cipolla.

Testo e foto di Donatello Urbani

Questa opera, dipinta tra il 2013 e il 2014, trae ispirazione dall’omonimo  poema satirico-morale in versi di Sebastian Brant, pubblicato nel febbraio 1494, durante il Carnevale altorenano, e alle cui “illustrazioni” aveva collaborato con varie xilografie anche un giovane Albrecht  Dürer.

01.La Nave di Folli-intero_RIDOTTA
“L’imponente dipinto, nel suo racconto simbolico e allo stesso tempo ironico, crea un universo visivo e narrativo originale e autonomo, dove fluttuano o danzano figure allegoriche, dai chiari riferimenti al poema di Brant ma anche alla nostra attualità” dice il Prof. Avv. Emmanuele F. M. Emanuele, Presidente della Fondazione Terzo Pilastro Italia e Mediterraneo, importante istituzione culturale della nostra città.

04-DEI VECCHI MATTI                                                                                                            Patrizia Comand: “Dei vecchi matti”
Il percorso espositivo ci presenta, insieme al grande dipinto, 20 disegni preparatori, ispirati a 20 capitoli dell’opera, che sottolineano lo stile attento e preciso della pittrice e rendono visibile il legame con l’opera letteraria che l’ha ispirata. “L’arte è solo quella che riesce ad esprimere l’essenziale verità delle cose con profonda umanità e spiritualità…” è un messaggio di un nostro grande maestro dei primi anni del novecento che trova in questa mostra una conferma della sua validità malgrado siano trascorsi cento anni. Se poi a questi si aggiunge un pizzico di satira, come fa Patrizia Comand, il messaggio pittorico assume un valore in più a tutto guadagno di lasciare i visitatori con l’animo sollevato.

Roma, Palazzo Cipolla – Via del Corso, 320 – fino al 12 Novembre 2017, tutti i giorni, escluso il lunedì, dalle ore 10,00 alle ore 19,00. Biglietto d’ingresso intero € 3,00; gratuito bambini sotto i 6 anni, visitatori diversamente abili (incluso 1 accompagnatore). Maggiori informazioni per ulteriori facilitazioni sul Web Site: http://www.fondazioneterzopilastromediterraneo.it/