L’ Ospitale Santa Francesca Romana insieme al Giardino delle Delizie di Donna Olimpia Maidalchini trova la sua sistemazione definitiva nell’Hostello Borgo Ripa, in contemporanea al ritorno alla piena fruibilità della chiesa di Santa Maria in Cappella.

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani

Le tante vicende che hanno fatto la storia della città di Roma molto spesso sono legate a luoghi che li hanno visti fare da cornice, se non addirittura esserne protagonisti, accumulandosi spesso una a ridosso dell’altra in modo tale da formare delle vere e proprie stratificazioni così come avviene per il suolo.

CAM09883Roma: Chiesa di Santa Maria in Cappella: Lapide che ricorda l’editto di Papa Urbano II^  la costruzione e l’apertura al culto della chiesa.

La sponda sinistra del fiume Tevere quasi a ridosso del ponte Sulplicio, proprio quello che riporta alla memoria personaggi quali Porsenna e Muzio Scevola, può dire di avere tutte queste prerogative. Qui, infatti, nell’anno 1087 nelle vicinanze della ripa dove era il porto fluviale di Roma, fu costruita, per volere di papa Urbano II^, una chiesa, o meglio una cappella, con il preciso scopo di fornire il servizio religioso, ruolo non di secondo piano, ai crociati in partenza per la Terra Santa. Un lapide posta subito dopo la porta d’ingresso della cappella, ricorda questa consacrazione  che viene indicata come sorta nel luogo chiamato “ad pinea”,  forse per la presenza di una pigna.                                    CAM09879                                          Chiesa di Santa Maria in Cappella: Crocifisso in micromosaico opera di Francesco Borromini,

Nell’anno 1425, quando la chiesa era già conosciuta come Santa Maria in Cappella, dedica che conserva tutt’ora, su iniziativa della nobildonna Francesca Ponziani, figura di primo piano nella storia della città con il nome di Santa Francesca Romana, nella chiesa furono ospitati i malati di peste e proprio qui iniziarono i primi passi di quella che in futuro sarà la Fondazione Santa Francesca Romana. Il 9 marzo di ciascun anno, giorno della morte di Santa Francesca Romana, avvenuto nell’anno 1440- sia in questa cappella che nel convento di Tor de Specchi, dove si trova la casa madre della congregazione religiosa fondata dalla Santa, si svolgono delle partecipate cerimonie religiose nel ricordo di una pagina di storia di primaria importanza nella vita della città tanto che Francesca Ponziani, nata a Trastevere nel 1384, sarà per sempre Francesca Romana, santa e patrona, insieme ai Santi Pietro e Paolo, della città di Roma. Come per il 29 giugno, giorno di festa a Roma in ricordo dei Santi Pietro e Paolo, anche il giorno 9 marzo meriterebbe identico trattamento, anche perché nella tradizione popolare è considerato giorno di precetto e contrassegnato da eventi di grande interesse culturale. Fra i tanti festeggiamenti meritano un posto di primo piano la cerimonia in Santa Maria in Cappella e l’apertura al pubblico del convento di Tor de Specchi, evento eccezionale perché sede dell’Ordine di Clausura delle Oblate di Santa Francesca Romana.

AntoniazzoRomanoRoma: Convento delle Oblate di Santa Francesca Romana. Affresco di Antoniazzo Romano – Foto courtesy Enciclopedia Wikipedia

L’interno di questo convento fu affrescato da Antoniazzo Romano con episodi della vita della Santa e, cosa interessantissima, sotto ogni riquadro  affrescato una didascalia in volgare, raro esempio di scrittura in italiano, in ambiente religioso, presente a Roma, città del Papa, dove la lingua ufficiale, almeno sui documenti scritti, non poteva essere che in lingua latina.

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Abside della Chisa S:Maria in Cappella  –                                                                          Acquasantiera composta con materiali  di recupero.        

Le attività filantropiche della Fondazione Santa Francesca Romana furono riportate in vita nel 1859 con l’Ospitale Santa Francesca Romana per vecchi indigenti, dal Principe Filippo Andrea V^ Doria Pamphjli. I discendenti di questa nobile famiglia erano gli eredi di Donna Olimpia Maidalchini, originaria proprietaria in città del vasto territorio di Ripa Grande dove sorgeva, insieme  al giardino delle delizie, la sua magnifica residenza. Donna Olimpia Maidalchini era la Pimpaccia per i romani a causa dei suoi commerci a carattere speculativo e dell’agire privato alquanto disinvolto ritenuto disdicevole, specie per la cognata di Papa Innocenza X^. Negli anni successivi sono intervenute varie modifiche nella vita dell’Ospitale fino a quando, di recente, la Regione Lazio lo obbligò alla riduzione del numero degli assistiti, dagli oltre cento iniziale, ad un numero che non doveva superare i 40. Si sono così liberati  locali non più utilizzati dai ricoverati che, su iniziativa di un imprenditore alberghiero trasteverino, titolare della catena alberghiera Eitch,  sono stati trasformati in “Eitch Borgo Ripa”, un nuovo ostello nel cuore di Trastevere che con stile raffinato e prezzi contenuti é in grado di offrire ospitalità  ed esperienza di viaggio nell’atmosfera caratteristica di un quartiere della città dove la romanità si respira in ogni angolo. A questa ospitalità non potevano mancare i piatti della tradizione enogastronomica romana. Questo importante incarico è stato affidato a Luciano, uno dei più noti ristoratori di Trastevere che ha impiantato di sana pianta il Ristorante “Da Luciano a Borgo Ripa”, utilizzando sia il giardino, quello che ospitava nei primi anni del 1600 il giardino delle delizie di Donna Olimpia, che parte dei locali dell’ex Ospitale, tanto suggestivi quanto carichi di fascino sono quelli dell’ex lavatoio trasformati in sala ristorante.

Le parole conclusive della presentazione alla stampa che meglio rappresentano questa nuova forma di ospitalità nella nostra città, la offre Marco Scaffardi, della Eitch: “Al rientro, dopo una giornata di piacere o di lavoro, vi aspettiamo nel Borgo per degustare prelibatezze tipiche romane, sorseggiare uno dei tanti cocktail, creati da prestigiosi barman, serviti nei nostri corner elegantemente incastonati sotto gli archi del giardino. Inoltre Borgo Ripa offre per matrimoni, disponibile anche una cappella privata oltre la magnifica chiesa di Santa Maria in Cappella, eventi privati, meeting aziendali, seminari, con uno sguardo interessato anche al turismo di gruppo, un salone con una capacità fino a 250 persone, un giardino bellissimo e ampi locali appositamente attrezzati, il tutto all’insegna di raffinata ospitalità ed un’ampia scelta enogastronomica”.

Un angolo suggestivo quanto storicamente importante ritorna con Borgo Ripa in tutto il suo splendore nella vita culturale e turistica romana come un acquarello di Pinelli.

Roma – Chiesa di Santa Maria in Cappella – Via di Santa Maria in Cappella. Aperta al culto tutte le domeniche alle ore 9,00 celebrazione della S. Messa, nel pomeriggio recita del S. Rosario.

-Hostello “Borgo Ripa” – Lungotevere Ripa, n.3 . Sito web www.borgoripa.it – Per contatti con Marco Scaffardi, telefonare al n° 366.6454880 – e.mail: marco.scaffardi@borgoripa.it

VI^ Edizione “Show Room Party IILA” – L’Istituto Italo Latino Americano apre le porte della propria sede romana agli stilisti sudamericani.

Testo e Foto di Donatello Urbani

Nelle prime edizioni aveva il sapore di una propaggine del più grande evento di moda World of Fashion. A distanza di sei anni lo Show Room Party IILA 2017 si è svolto con caratteri e connotazioni proprie e con il preciso intento di presentare uno sguardo particolareggiato sulla moda e gli stilisti latino americani ed i loro rapporti professionali con il mondo del Fashion Italiano. Anche l’iniziale timore reverenziale verso il maestro ispiratore delle proprie realizzazioni, presente in più di uno stilista, non si avverte più e tutti i protagonisti della moda latino/americana percorrono le proprie strade in completa autonomia sia pure, come in alcuni emblematici esempi, si siano strette delle valide partner-ship e lungimiranti imprenditori italiani abbiano investito sulla moda “made in Sudamerica”.

dav                                                                              Modello di Milagros Ancheita stilista messicana

L’evento Show Room Party IILA ha consacrato questo rapporto paritario che intercorre tra il mondo della moda italiano e gli stilisti provenienti da: Argentina. Colombia, Guatemala, Messico, Perù e Repubblica Domenicana. In passerella una trentina di capi abilmente presentati da Nino Graziano Luca, ideatore del World of Fashion.

IMG_20170718_180639                                 Foulard di Grey Est. Dietro un’opera pittorica della stessa stilista: “Decisione definitiva”- tecnica mista su tela

La sfilata dei modelli è stata aperta dai coloratissimi foulard della stilista domenicana Grey Est, veri e propri capi di abbigliamento, in questo caso estivo, strettamente ispirati nei colori e nei disegni alle opere pittoriche della loro realizzatrice. Carattere identificativo comune a tutti questi capi è il preciso richiamo al ruolo e alla foggia che il “poncho” riveste nell’abbigliamento della popolazione sudamericana.

IMG_20170718_192416                                                                                           Realizzazione di Milagros Ancheita

Incantevoli ricami realizzati ad Oaxaca, città messicana dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’umanità, sono il punto di forza dei modelli fatti sfilare dalla stilista messicana Milagros Ancheita che ha voluto chiamare la propria collezione“Enamoramex”, come atto riconoscenza verso la terra della propria origine.

IMG_20170718_193556                                     Capo  della collezione “Luxused” degli stilisti David Peppicelli e Tommaso Pecchioli realizzata in Colombia

Ispirati al “casual” per uomo i capi realizzati in Colombia per il marchio “Luxused” dagli stilisti italiani David Peppicelli e Tommaso Pecchioli nei quali le camicie hanno un ruolo primario.

IMG_20170718_200332                                                                     Alcuni modelli dello stilista argentino Gustavo Guerrero

Dall’Argentina, infine, provengono i due stilisti Elvio Acevedo e Gustavo Guerrero che hanno presentato modelli dove la doppia ispirazione sudamericana ed europea ha trovato una ben riuscita convivenza.

dav                                                                      Collezione privata di cappelli peruviani di Elena Tricoli

Importante anche l’esposizione di gioielli e cappelli che sono stati parte integrante di un evento che non è stato solo di moda ma ha avuto tutti i connotati propri di una rassegna d’arte.

“Labirinti del Cuore – Giorgione e le stagioni del sentimento tra Venezia e Roma”. Una mostra motore e pretesto per un’importante operazione di carattere culturale con nuove aperture di percorsi museali al Palazzo di Venezia e a Castel Sant’Angelo.

Testo e foto di Donatello Urbani

Tutto ruota intorno ad un unico quadro “Il doppio ritratto” attribuito con molta probabilità a Giorgione, Giorgio da Castelfranco,  probabilmente collezionato dal Cardinale Domenico Grimani ed entrato nelle raccolte permanenti del Palazzo di Venezia nel 1919, insieme ad altre opere appartenute al principe Fabrizio Ruffo di Motta Bagnara. Questa importante opera pittorica in occasione della mostra Labirinti del Cuore è stata presa a pretesto per un’operazione di carattere culturale intrapresa dalla dinamica direttrice del Polo Museale del Lazio, dott.ssa Edith Gabrielli, per dare notorietà alla più importante biblioteca di storia dell’arte presente in Italia, e fra le più accreditate al mondo, purtroppo misconosciuta agli italiani, in particolare ai romani, ed aprire nuovi percorsi sia sul Palazzo di Venezia che a Castel Sant’Angelo, Castello per i romani, dove in questi due monumenti, sono state allestite altrettante mostre, coordinate e interconnesse fra loro. Le due diverse sedi trattano lo stesso ed ampio tema attribuito a questa rassegna: “Labirinti del cuore – Giorgione e le stagioni del sentimento tra Venezia e Roma”, sia pure sotto due diversi aspetti: a Palazzo di Venezia, già storica sede di rappresentanza della Serenissima Repubblica, le opere esposte pongono in particolare luce la presenza culturale dei Veneziani a Roma nonché i rapporti che intercorrevano fra la due città, mentre nella sede a Castel Sant’Angelo l’attenzione è posta sul sentimento e sulla ritrattistica che proprio in quegli anni, grazie  anche al determinante apporto di Giorgione, subirà una profonda svolta innovativa.

800px-Giorgione_100                                                                                  Giorgione: “Doppio ritratto” o “I due amici”

Un’ampia testimonianza è offerta in proposito proprio dal “Doppio Ritratto”, detto anche “I Due Amici” con l’impostazione delle due figure assolutamente nuova. Il primo piano è occupato da un ragazzo sontuosamente vestito che pensieroso ci osserva quasi con sguardo assente, tenendo con la mano sinistra un melangolo, simbolo della melancolia, mentre con la mano destra si sorregge la testa. Alle sue spalle  c’é un altro giovane, molto meno distinto sia nel vestire che nell’atteggiarsi. Un confronto fra le due figure porta a domandarci se veramente siano amici fra loro così come quanto sia diverso il messaggio che ci rivolgono sia nel lessico che nel contenuto, data la differente estrazione sociale.

Tema comune ad entrambe le sedi è il discorso riservato ai libri che viene ampiamente approfondito attraverso pregevoli edizioni che partono dalla “Hypnerotomachia Poliphilu”, stampata da Manuzio nel 1499 e arriva ad altre edizioni di opere del Petrarca, Bembo, Boccaccio, Francesco Barbati e Lodovico Casoni imperniate sullo specchio d’amore che cattura i flussi di vita presenti nei ritratti di dame, nei temi della musica, come con la colonna sonora che fa da sfondo ad un quadro dove è rappresentato uno spartito musicale.

Tintoretto - Donna che aore la veste                                                                                       Tintoretto: “Donna che apre la veste”

E’ nota la maestria di Giorgione anche come musicista. I 45 dipinti, le 27 sculture, i 36 libri a stampa, oltre i numerosi oggetti e disegni esposti in questa mostra, svolgono tutti un approfondito discorso sul tema della rassegna allargato anche ad altri collaterali quali la seduzione, significativa in proposito l’opera di Tintoretto “Donna che apre la veste”, proveniente dal Prado, che chiaramente c’introduce, insieme ad altre, sui principi che regolavano nel XVI secolo i vari “Labirinti del cuore”.

1280px-Roma-palazzovenezia02           Foto courtesy Di scalleja – Flickr, CC BY-SA 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1020254    

Seguendo così il percorso espositivo di questa mostra nelle due diverse sedi viene offerta la visita ai nuovi percorsi aperti sia a Castel Sant’Angelo che al Palazzo di Venezia. Proprio in quest’ultimo la prima novità è offerta dall’unificazione dell’ingresso che porta sia alla Biblioteca Nazionale di Arte e Archeologia, al primo piano, che, al piano superiore, all’area museale ed a quella destinata ad accogliere rassegne d’arte temporanee.

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Palazzo di Venezia: Camminamento di ronda                                                                                               Il sottotetto del Palazzo di Venezia                                                                                                                                                                                                                                                          

Le vere novità, però, sono i nuovi percorsi che consentono di accedere, con prenotazione e un biglietto d’ingresso aggiuntivo, sia al camminamento di ronda, dal quale si gode un panorama mozzafiato sulla città, e da qui passare successivamente nel sottotetto dove sono tutt’ora presenti, ed efficienti, gli originali apparati di discesa e salita dei mastodontici lampadari dei saloni di rappresentanza. Di gran fascino è anche la successiva visita riservata all’altana dove oltre al paesaggio si può osservare la vita presente sul tetto del Palazzo, dimora preferita di gabbiani.

Roma_-_Catel_Sant'Angelo   Foto- Courtesy Di Luca Aless – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=33261011

Alquanto più articolati sono i nuovi percorsi aperti a Castel Sant’Angelo che consentono di accedere, oltre al solito percorso di ronda, al “Passetto di Borgo”, la via di fuga dei Papi in caso di assedio dei Palazzi Apostolici, come avvenuto nel 1527 ad opera dei Lanzichenecchi. Inoltre il nuovo percorso prevede anche l’accesso alle così dette “Sale Cambellotti”. Si tratta di tre ambienti destinati ad accogliere nel 1925 una mostra che esponeva i cimeli dell’esercito italiano, in particolare quelli relativi alla Grande Guerra Mondiale del 1915/18, decorate con dipinti e stucchi da Duilio Cambellotti, uno dei massimi interpreti dello stile Liberty. Questo nuovo stile artistico, nato sulle ceneri della “Belle epoque” negli anni immediatamente successivi al trattato di pace delle prima guerra mondiale, aveva in se, in particolare il liberty floreale, un forte sentimento antimilitarista e questo si avverte nell’opera di Cambellotti realizzata in un periodo dove i sentimenti di pace erano prevalenti su quelli militaristi che caratterizzeranno gli anni successivi.

CAM10678                                 Duilio Cambellotti: Decorazione del soffitto della sala delle colonne con alberi di alloro

Il nuovo percorso è inoltre integrato dalla visita alle “Prigioni storiche”, che accolsero fra gli altri detenuti anche Cagliostro, alle “Olearie”, ambienti adibiti un tempo a depositi alimentari, al cortile di Leone X, locale detto del Forno e alla “Stufetta di Clemente VII”, la sala da bagno del Pontefice celebre per gli affreschi della bottega di Raffaello. Tutta la visita è corredata da un sistema WI-FI, esteso all’intero perimetro del Castello e da una App scaricabile da tutti i dispositivi e particolarmente adatta agli smartphone. Questa App, disponibile in 7 lingue, mette tutti i visitatori in condizione di seguire il percorso, è integrata da una serie di “E Beacon, strumenti avveniristici installati in vari punti del percorso che intercettando i dispositivi aperti dal visitatore gli propongono, in automatico, i contenuti vocali e multimediali della App.

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Castel S.Angelo: Inizio del Passetto di Borgo                          Passetto di Borgo: Cancello che delimita il confine tra Italia e Stato Pontificio

Tutti questi nuovi percorsi museali, presenti sia al Palazzo di Venezia che a Castel Sant’Angelo, s’inseriscono nell’ambito di una interessante iniziativa culturale denominata “ARTECITY- Estate 2017” che prevede, nelle rispettive sedi, oltre cento intrattenimenti, prevalentemente serali, di arte, architettura, letteratura, musica, teatro, danza e audiovisivi, voluti ed organizzati del Polo Museale del Lazio con l’intento di presentare, ai romani ed in particolare ai turisti in visita nella nostra città, che la cultura in Italia non si è fermata agli anni passati ma è viva e presente anche ai giorni nostri.

Difficilmente abbiamo l’opportunità di esprimere giudizi positivi su iniziative culturali, come in questo caso, che interessano direttamente anche il turismo in quanto, come avvenuto in passato, fra loro troppo slegate ed autonome sia dal contesto sociale che da quello economico del territorio. Un sentito quanto meritato plauso è diretto alla Dott.ssa Edith Gabrielli, Direttrice del Polo Museale del Lazio, per aver intrapreso, anche su indicazione del Ministero dei Beni Culturali e Turismo, un percorso virtuoso a tutto vantaggio della cultura, del turismo, dell’economia e della socialità della nostra regione.

Roma – Mostra: “Labirinti del cuore”  fino al 17 settembre 2017  con biglietto d’ingresso unico valido 3 giorni dal costo di €.14,00, intero ed €.7,00 ridotto. Solo ingresso alla mostra allestita a Palazzo di Venezia il biglietto d’ingresso costa €.10,00 intero ed €.5,00, ridotto. Il costo del biglietto d’ingresso a Castel Sant’Angelo, inclusa la possibilità di scaricare la App in 7 lingue per i nuovi percorsi, è di €.14,00 intero ed €.7,00 ridotto. Contributo aggiuntivo per la visita guidata al Castello Segreto (nuovi percorsi) costo €.5,00 intero ed €.2,50, ridotto per tutti i giorni di apertura con orario ore 10,00 e 16,00 in lingua inglese – ore 11,00 e 17,00 in italiano. Gli orari di apertura sono; Per il Palazzo di Venezia – ingresso da Piazza Venezia (non più da Via del Plebiscito) dal martedi alla domenica 8,30/19,30 – chiuso il lunedi. Per Castel Sant’Angelo, Lungotevere Castello, n.50, aperto tutti i giorni dalle ore 9,00 alle 19,30,00. In entrambe le sedi ingresso gratuito la prima domenica del mese. Informazioni e prenotazioni per la mostra, i due musei e relativi percorsi: tel.0632810410 – per la mostra “Labirinti del cuore” sito web: www.mostragiorgione.it – per le iniziative di “Art City – estate 2017” www.art-city.it

Terrazze Gourmet – La guida edita da “La Pecora Nera” con le più belle terrazze, giardini e cortili di Roma da vedere e da gustare

Donatello Urbani

All’acquisizione di fama e fortuna delle terrazze, giardini e cortili cittadini romani hanno contribuito vari fattori, non ultimo il ponentino, il venticello che da sempre è un fedele compagno ristoratore nelle tante serate, non solo estive, dopo la calura pomeridiana. Salire in terrazza, fermarsi in giardino o nel cortile e ristorarsi con gelati e frutta fresca, in estate e stuzzichini nelle altre stagioni, sorseggiando un bicchiere di “cannellino” o “prosecco” ghiacciati, è una delle tante belle abitudini che i romani hanno trasmesso ai turisti presenti in città. Credo che l’idea di Eleonora Grasso di redigere una guida, per La Pecora Nera, editore da sempre sensibile alle nostre belle culture enogastronomiche, che riepilogasse le più famose ed attraenti terrazze, giardini e cortili cittadini, oggi presenti in molti hotel e ristoranti romani, sia nata proprio da questa nostra bella consuetudine. In oltre 240 pagine, accompagnate da 114 accattivanti fotografie e con un doppio testo Italiano/inglese, sono presentate circa 57 terrazze, giardini e cortili romani dove è possibile rifocillarsi oppure tenere riunioni di lavoro come a tenuto a precisare Alessandra Laterza, Cluster Director of sales & marketing, che con l’occasione della presentazione della guida, ha mostrato ai presenti quanto può offrire l’Hotel Capo d’Africa, un quattro stelle situato in via Capo d’Africa, 54, a due passi dal Colosseo, dalla Basilica di San Clemente e confinante con la chiesa dei Santissimi Quattro, proprio in termini di relax, eventi e commerciali.

Hotel Capo Africa                                                                                                                           Scorcio della terrazza dellHotel Capo d’Africa

Le proposte turistiche offerte dalla città di Roma sono sempre più specialistiche e rivolte ad un turismo che ha alla sua base grande qualità ed accoglienza, come ha precisato anche l’Assessore allo sviluppo economico, turismo e lavoro, Adriano Meloni, in occasione della presentazione di questa guida. Roma vista dall’alto è un’eccellenza offerta ai turisti ed ai residenti assolutamente da non perdere.

“Swimming is Saving” – Mostra dei borsisti dell’Accademia di Francia – Villa Medici – a Roma.

Testo e foto di Donatello Urbani

Non tentate di tradurre il titolo“Swimming is Saving”. Inoltre ancora più problematici potrebbero apparire  riferimenti e legami tra questo e la mostra  allestita a Villa Medici, sede dell’Accademia di Francia a Roma, che accoglie le opere d’arte realizzate da quindici borsiti nel corso di quest’anno in cui hanno risieduto nella nostra città. In questa opera di decifrazione, che comunque è carica di fascino ed attrazioni, è d’indubbio aiuto quanto scrive la curatrice, Chiara Parisi: “Un titolo che non ha alcun significato apparente, un nonsense. Un titolo che nasce da un errore. Un po’come accade con quelli di sistema dovuti ai bug di programmazione. Spesso però da un errore nascono nuovi significati, realtà inaspettate. Qual è l’origine di questo titolo che potremmo forzatamente ed erroneamente tradurre come “il nuoto salva, il nuoto è salvezza, il nuoto risparmia…”? Il nuoto è una disciplina, alla stregua di tutte le arti, necessità di un’immersione in acqua così nella lettura di un’opera è importante immergersi nelle idee dell’artista e vincere, come avviene per la forza delle onde,  la resistenza offerta dai propri convincimenti per accettare quelli che vengono proposti. Di grande aiuto è senza dubbio la guida predisposta proprio per venire incontro ai visitatori e metterli nella condizione di dare un senso logico alle opere esposte nel rispetto del pensiero dei loro autori, anche per il semplice fatto che, per scelta voluta, non esistono le didascalie così come sono assenti i classici pannelli esplicativi.

dav                                                                                    Installazione realizzata da Kenny Dunkan

Il percorso espositivo che raccoglie i progetti dei quindici artisti e creativi in residenza a Villa Medici,  si articola oltre il solito spazio riservato alle esposizioni temporanee, occupando tutto quanto è disponibile a Villa Medici, dalle grotte, al giardino, all’Atelier di Balthus, incluso il bel salone della musica. Questo non solo per dare la massima risonanza ad un’esposizione che presenta dei lavori ideati appositamente, alcuni dei quali saranno esposti in autunno a Parigi, nell’ambito del festival Viva Villa ! (Città internazionale delle arti – sito di Montmartre, 30 settembre – 7 ottobre 2017), quanto per richiamare l’attenzione sulla prima esposizione del ciclo L ORO, – inteso nel doppio significato di “Loro” come artisti ed “Oro” come patrimonio culturale- concepito, negli ambiziosi progetti della Direttrice Muriel Mayette-Holtz, “come un laboratorio, un terreno di confronto in cui s’incrociano discipline molteplici ed esperienze eterogenee che nascono all’interno di Villa Medici”, come ha tenuto a precisare nel corso della conferenza stampa.

davOlivier Kosta-Thefaine con un’opera che propone una lettura incrociata di Roma, città dalle tante fontane, con Ostia Antica con pezzi di mura mescolati e calchi di conchiglie.

Di questa esposizione scrive la curatrice: ”In Swimming is Saving la memoria e la coscienza collettive sono le protagoniste nei progetti di Lancelot Hamelin, scrittore e autore teatrale, e di Lucia Piccioni, storica dell’arte; l’artista Kenny Dunkan e la paesaggista Laure Thierrée operano con la strategia dell’infiltrazione urbana e architettonica; nuove composizioni in situ sono quelle create da Benjamin Attahir, compositore, violinista e direttore d’orchestra, Alvise Sinivia, musicista e performer, e Francesca Verunelli, compositrice e pianista; i progetti degli artisti Mathieu Kleyebe Abonnenc, Eva Jospin, Olivier Kosta-Théfaine, dei fotografi Simon Brodbeck & Lucie de Barbuat e del regista Simon Rouby aprono nuovi orizzonti fisici e concettuali agli spazi classici medicei; le sensazioni sono al centro dell’esperienza proposta da Sébastien Smirou, scrittore e psicanalista; il confronto viene esplorato da Stéphanie Ovide, restauratrice tessile, in collaborazione con la grande artista Etel Adnan”.

IMG_20170713_130326Stefanie Ovide e Etel Adnan: “Leporello” con i colori rappresentativi di Roma ricavati da piante e fiori presenti nel giardino di Villa Medici

Tutte le opere sono improntate all’originalità offerta dalla città di Roma e percepita da uno straniero che vi soggiorna per un lungo periodo come nel caso di Stefanie Ovide che  affascinata dall’evoluzione storica, sociologica e materiale ha collaborato con l’artista Etel Adnan alla creazione di un “Leporello” di sette metri di lunghezza con i colori ricavati dal processo di composizione naturale delle piante di Villa Medici. Oltre l’innegabile valore ed interesse artistico presente in ciascuna opera, colpisce  e desta interesse quanto e cosa ciascun artista ha percepito vivendo nella nostra città e questo, certamente, sarà il ricordo che lo accompagnerà lungo tutto il tempo della loro carriera artistica.

IMG_20170713_130813Francesca Verunelli mentre presenta un progetto composto di tre parti con l’utilizzo di un piano suonato elettronicamente dalla macchina

Nel corso del periodo espositivo alcuni artisti si esibiranno in performance come il duo franco-tedesco Simon Brodbeck & Lucie de Barbuat che utilizzando fotografia e video installazioni,indaga la percezione del reale e la sua rappresentazione. Il loro progetto a Villa Medici, In search of Eternity III, filma la visione di un spirito errante nella regione indiana del Maharashtra.

Programma delle Performance:

13 luglio: dalle ore 19, Kenny Dunkan, Spray Boy, Giardino alle ore 19.30, Laure Thierrée, Transumanza Urbana, Giardino alle ore 20, alle 21, alle 22, Alvise Sinivia, Cordes à vide, Grand Salon

- 15 luglio: alle ore 19, alle 20, alle 21, Benjamin Attahir, Swimming is NOT Saving, Violino: Renaud Capuçon, Sale Mostra alle ore 19.30, alle 20.30, alle 21.30, Sébastien Smirou, Le doigt dans l’oeil, Salon de Musique

- 18 luglio: dalle ore 19, Laure Thierrée, Il Paesaggio Costruttore: racconto di un progetto, Cinema

- 20 luglio: alle ore 19, Lancelot Hamelin, La notte dei sogni, Villa Medici

Roma – Accademia di Francia a Roma – Villa Medici viale Trinità dei Monti, 1 – Fino al 17 settembre 2017 con giorni e orari di apertura: dal martedì a domenica, dalle 10.00 alle 19.00 (ultimo ingresso alle 18.30). Chiuso il lunedì. Biglietto unico per la mostra e per la visita guidata a Villa Medici e ai giardini: 12€ (tariffa intera) – 6€ (tariffa ridotta). Ingresso gratuito solo per la mostra. Per i gruppi scolastici é necessaria la prenotazione al servizio Didattica da richiedere per e. mail a: didattica@villamedici.it. Informazioni  Tel. +39 06 67611 – sito web www.villamedici.it

L’arte e la cultura ottomana sbarcano a Roma con una mostra su Nasuh bin Karagöz bin Abdullah conosciuto come “Matrakçı Nasuh”

Testo e foto di Donatello Urbani

 

“Tutto si dimentica con il tempo,

Ma nulla di ciò che é nel cuore e nella lingua viene dimenticato.’’

Matrakçı Nasuh

Malgrado la relativa vicinanza fra la Turchia e Italia, molto poco conosciamo delle civiltà che sono fiorite nel territorio turco, se non da specialisti e cultori,  fatta eccezione per l’arte e la cultura  bizantina alla quale ci lega la simpatia per essere una derivazione diretta dell’Impero Romano. Ben vengano, quindi, iniziative che colmino questa lacuna come quella allestita, in sinergia con prestigiose ed importanti istituzioni, nel prestigioso Palazzetto Mattei in Villa Celimontana, sede della Società Geografica Italiana, che con l’occasione festeggia anche il suo 150^ anniversario di fondazione.

Turchia

                      Sibel Gurgerner – “Iran Sultaiye” – dimensioni cm:40X60 – 2014

Anche se non se ne conosce l’esatta data di nascita, Matrakçı Nasuh, cresciuto al tempo di Bayezid II e vissuto sotto il regno di Yavuz Selim e Solimano il Magnifico, é un personaggio di grande rilievo. Il suo vero nome era “Nasuh bin Karagöz bin Abdullah el Bosnavi’’. Si sa ben poco della sua vita. “Bosnavi” indica le sue chiare origini bosniache. Sappiamo che era stato ammesso alla corte al tempo di Bayezid II e che era stato istruito presso l’Enderun, la scuola di palazzo. La prima parte del nome “Matrakci” fu acquisito da Nasuh dopo che aveva inventato un gioco/sport da lui  battezzato Matrak,- combattimento ravvicinato in cui si usano mazze di legno- divenuto in breve tempo popolare e che lui stesso praticava con buon successo. I suoi interessi, comunque, non si limitavano alle sole pratiche fisiche e sportive ma spaziavano nei più svariati campi. Matrakci Nasuh fu un personaggio dai molti talenti e le preziose testimonianze che ci ha lasciato hanno interessato varie discipline fra le quali:

- La Matematica, con una prima opera, del 1517,  che presentava delle tabelle inerenti le misure delle lunghezze e sviluppo’ il cosiddetto metodo “moltiplicatore a matrice”, che ispirò molti matematici;

- La Storia. Nel 1520, su ordine di Solimano il Magnifico, tradusse dalla lingua araba alla ottomana il famoso “Taberi Tarihi”ni “Mecma ́el-Tevârı̂h” di Muhammed b Cerir et- Taberi, una delle fonti piu’ importanti dell’islam. Una seconda edizione, stampata sulla scorta dei suggerimenti del Grand Visir Rüstema,  prese il nome di “Câmi ́el Tevârı̂h”;

- Strategie militari. In occasione della festa della circoncisione dei figli di Solimano il Magnifico- 1529- realizzò due decorazioni che riproducevano “due fortezze dotate di ruote” dotate di varie tecniche di combattimento. Questa presentazione venne apprezzata sia dal Solimano che da tutti i militari presenti tanto da trovare applicazione pratica nella campagna di Egitto riportando delle importanti vittorie. Nel 1529, tornato dall’Egitto, scrisse il “Tuhfet el-Guzât”,  testo di tecniche di combattimento ed omaggio ai reduci di guerra. In questa opera si descrivono le modalità di combattimento, uso dell’arco, dello scudo, della mazza e del cavallo con l’aiuto di numerosi schemi. Di fronte alla maestria dimostrata in ogni campo Solimano il Magnifico, con decreto del 1529, dichiarava Nasuh esempio unico al mondo per le arti islamiche e ordinava che venisse omaggiato, trattato e annoverato come “Üstad (maestro)” e “Reis (Capo)”.

- Poesia. Era solito aggiungere ai suoi testi versi poetici, spesso anche vere e proprie poesie. Il tema preferito trattato nella sua poetica era la transitorietà della vita sulla morte e sul fato come testimoniato dal breve testo all’inizio dell’articolo;

Trchia Lepanto

Sevim Ersoy – “Lepanto – Grecia” – 2014 – Commento letterario all’opera:

“E’ giunto in aiuto la mano del Signore –

Soffiando il propizio vento marino.

Si é volteggiato senza esitare un istante.

Le ancore sonostate salpate con l’aiuto del Signore”.-

Pochi anni dopo la morte di Nasuh nella baia di Lepanto si svolgerà una famosa battagli navale che vide la flotta turca annientata dalla coalizione  di flotte cristiane.

- Arti visive. Le opere di Matrakçı hanno le identiche caratteristiche proprie degli artisti rinascimentali. Gli storici dell’arte lo definiscono: il maestro ottomano del colore. Sarà identificato anche come il Leonardo dell’Oriente per il fatto di eccellere nella pittura. Nella sua opera intitolata “Beyan-ı Menazil-i Sefer-i Irakeyn’ con la quale racconta la spedizione in Iran di Solimano il Magnifico, intrapresa fra il 1534 e il 1536, si libera dai tradizionali schemi in uso fra gli artisti dell’epoca e da’ vita a una nuova corrente nota come “raffigurazione paesaggistica ottomana”. Le sue mappe topografiche diedero inizio alla “tradizione topografica” che si protrasse sino alla fine del secolo XVIII. Nella sua opera “Beyan-ı Menazil-i Sefer-i Irakeyn’ documenta tutti i luoghi presenti sulla strada che da Istanbul raggiunge Teheran passando da Tebriz e viceversa, il tutto corredato da una bellissima serie di immagini. Matrakçı Nasuh realizzò queste illustrazioni con una grande maestria disponendo le immagini una dopo l’altra come fosse un film che narri la spedizione. Oltre al carattere prettamente artistico, le sue illustrazioni sono importanti in quanto riportano anche le caratteristiche geografiche, nonchè la flora, la fauna e l’architettura presente nei vari posti. Una specialità in cui eccelleva era il colore. Dimostrazione pratica di questa sua eccellenza si trova in due libri di storia, entrambi abbelliti con miniature che hanno un ruolo importante nella storiografia ottomana. (“Tarih-i Feth-i Şikloş Estergon ve İ stol – Belgrad’’ e “Tarih-i Sultan Bayezid’’). Entrambe le opere furono realizzare e illustrate da Matrakçı Nasuh in persona. Al contrario delle scene terrestri presenti nel “Beyan-ı Menazil-i Sefer-i Irakeyn’’, opera in cui racconta la spedizione in oriente, in queste due opere dominano i paesaggi marini e costieri.

- Calligrafia.  Fu lui stesso il callgrafo dell’opera “Fetihname-i Karabuğdan’’ che racconta la spedizione in Karabuğdan di Solimano il Magnifico del 1538. Grazie a quest’opera in cui apportò una serie di innovazioni allo stile calligrafico, Nasuh divenne uno dei principali maestri della calligrafia ottomana.

- Filosofia. Nelle sue opere racconta con un approccio filosofico la storia ottomana, dai suoi albori sino al 1551. Matrakçı Nasuh ovvero “Nasuh bin Karagöz bin Abdullah el Bosnavi’’, muore nel 1564, lasciando innumerevoli opere i cui segni e influenze sono presenti ancora oggi nella vita culturale ed artistica del moderno stato turco.

Matrakçı Nasuh ci ha lasciato un meraviglioso patrimonio cartografico dal grande valore storico, artistico e grazie alla sua opera oggi noi possiamo seguire l’itinerario delle due campagne militari in Egitto ed Iran e apprezzare questa esposizione non solo in senso artistico e tecnico, ma anche in senso cronologico e storico. Il percorso espositivo, infatti, presenta 41 opere prodotte da 12 artiste turche che hanno trasferito, su piastrelle di ceramica o su tela, le immagini di cartografie urbanistiche o le miniature realizzate a mano da Matrakçı Nasuh durante le campagne militari orientale e occidentale e presenti nelle rispettive due opere Beyan-ı Menazil Sefer-i Irakeyn e Tarih-i Feth-i Sikloş Estergon ve İstol Belgrad.

Questa mostra, curata da Beste Gürsu con il coordinamento artistico della pittrice Sevim Ersoy,  arriva nella nostra città dopo essere stata esposta a Sarajevo, a Belgrado, al G20 di Antalya, ad Istanbul, a Vienna, a Tokio e a Parigi. Dopo la tappa romana si sposterà a Washington e a Budapest, per un totale di 3 continenti, 9 Paesi e 10 città.

Roma–Via della Navicella, n.12- Società Geografica Italiana- Palazzetto Mattei- Villa Celimontana-  fino al 28 luglio 2017 con ingresso gratuito.  Orari visita della mostra : lun-merc-ven 09:00-13:00 / mar-gio 09:00-17:00

Il Doppio e la Copia – Caravaggio nel patrimonio del Fondo per il Culto.

Testo e Foto di Donatello Urbani.

In occasione del trentennale della revisione dei Patti Lateranensi stipulati a seguito dell’esproprio del patrimonio artistico e immobiliare ai danni della Chiesa Cattolica perpetrato dallo Stato Italiano all’indomani della presa di Roma e la sua proclamazione a capitale dello stato, è stata allestita a Roma nelle sale della Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini una interessante quanto singolare mostra composta da quattro dipinti – due copie e due originali di mano certa caravaggesca.  I soggetti ritratti sono identici così come identici sono i personaggi immortalati tutti immortalati nelle stesse situazioni: due San Francesco in meditazione e  due in La Flagellazione di Cristo.

   Caravaggio San Francesco 1                                            Caravaggio San Francesco

Chiesa dei Cappucini di Via Veneto                                               Chiesa di S.Pietro a Carpineto Romano

I due San Francesco in meditazione provengono uno, l’originale, dalla chiesa di San Pietro a Carpineto Romano, attualmente in deposito alla Galleria Nazionale d’Arte Antica, e l’altro, la copia, dalla Chiesa di Santa Maria della Concezione (conosciuta come Chiesa dei Cappuccini di Via Veneto). Questi due dipinti sono stati per lungo tempo al centro di una controversa vicenda per stabilirne, con certezza, l’autenticità, inizialmente confermata alla tela presente nella chiesa ei Cappuccini. Nel 1968 nella Chiesa di San Pietro a Carpineto Romano venne rinvenuta un’opera pittorica del tutto identica a quella conservata a Roma nella chiesa dei Cappuccini. Entrambe le tele furono sottoposte ad accurati lavori di restauro e conservativi e proprio attraverso questi e agli studi compiuti per l’occasione, è stato possibile attribuire con certezza la paternità a Caravaggio dei quella proveniente da Carpineto Romano e attualmente in deposito a Palazzo Barberini

  Caravaggio - Flagellazione                                                 Caravaggio - Flagellazione 1

Napoli: Museo di Capodimonte                                                                    Napoli: Chiesa di San Domenico

Le due pale con la Flagellazione di Cristo provengono entrambe da Napoli. La prima, originale opera di Michelangelo Merisi da Caravaggio, fa parte della collezione permanente esposta nel Museo di Capodimonte e, in origine, era esposta nella chiesa di San Domenico per volere della famiglia De Franchis che l’avevano commissionata all’artista. La seconda, copia probabilmente eseguita da Andrea Vaccaro a distanza di pochi anni da quella di mano caravaggesca, è attualmente esposta nella chiesa di San Domenico e differisce ben poco da quella originale se non in pochi particolari anatomici di alcune figure. Il contributo decisivo all’identificazione dell’originale è stato offerto da alcune indagini diagnostiche che hanno messo in luce, come afferma la curatrice Giulia Silvia Ghia in un saggio riportato nel bellissimo catalogo “il consistente numero di ripensamenti e modifiche tra cui, decisiva, una figura estranea alla redazione finale” che raffigura un domenicano che assiste alla flagellazione di Cristo.

Una rassegna questa che oltre ad appagare lo sguardo su opere pittoriche di notevole interesse estetico e scientifico, appassiona proprio per le tante curiosità che offre.

Roma – Galleria Nazionale d’Arte Antica – Palazzo Barberini – Via Quattro Fontane n.13 con orario dal martedi alla domenica dalle ore 8,30 alle 19,00. Biglietto d’ingresso intero €.10,00. Ridotto €.5,00 comprensivo anche della Galleria Corsini. Informazioni telefoniche 06.4824184 – email: Gan-aar@beniculturali.it

THE WAR – Il pianeta delle scimmie – 3^ Episodio.

Testo di Matteo e Donatello Urbani – Foto courtesy Ufficio Stampa Valentina Calabrese

Intelligenza e ragionevolezza sono state doti appartenute da sempre all’ Homo sapiens, fino a quando, quindici anni fa, come narratoci nella prima pellicola della saga “Il pianeta delle scimmie”, a seguito di un esperimento scientifico mal riuscito, compiuto per combattere e sconfiggere l’alzheimer, sono state trasferite alle scimmie non senza dolore per entrambe le specie.

                                                                                               Pianeta scimmie

Una moltitudine di uomini ne uscirà vittima di gravi infermità, per una gran parte sarà causa di morte, mentre alle scimmie, insieme alle doti intellettive, arriveranno sentimenti di odio, rancore e vendetta come su Cesare, il leader dei primati, al quale è stata trucidata la famiglia, escluso l’ultimo nato Cornelio, dal feroce Colonnello, interpretato da Woody Harrelson sulla falsariga del già famoso Kurtz di Marlon Brando, che combatte una guerra per non lasciare il pianeta nelle mani della nuova specie. Proprio a questa battaglia finale  è riservata la scena centrale sulla quale ruota “The War – il pianeta delle scimmie”, terzo capitolo della celebre saga iniziata nel 1968, diretto da Matt Reeves ed in arrivo nella sale italiane il prossimo giovedì 13 luglio. Cesare, interpretato da Andy Serkis con la tecnica della “motion captures” che consente di entrare nella pelle di qualunque creatura come in precedenza avvenuto con Gollum nel “Il Signore degli anelli”, decide di combattere questa sua guerra da solo, anche se durante il percorso per raggiungere le truppe del Colonnello, incontrerà tre compagni che generosamente lo seguono per non lasciarlo solo, oltre a una simpatica scimmia “cattiva”, reduce dalla prigionia in uno zoo alla quale si devono le uniche scene di buonumore, ed una bambina bionda che ha perso l’uso della parola, alla stregua di tanti altri esseri umani vittime dell’esperimento mal riuscito.

                                                                                                    Pianeta scimmie 1

Bellissimi, dotati di tanto fascino e suggestione, sono i campi di battaglia. I paesaggi ricoperti di neve o inondati dalla pioggia, sono delle vere e proprie opere pittoriche realizzate da grandi artisti. Nel loro insieme completano degnamente e fanno da sfondo ad altrettante magnifiche riprese realizzate con le più avanzate tecniche visive ed acustiche. Se un limite dobbiamo trovarlo, di rimando, va ricercato nel sapore troppo western  di alcune scene che presentano Cesare ed i suoi compagni d’avventura in groppa a tranquilli destrieri impegnati nell’inseguimento delle truppe del Colonnello.

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Da non dimenticare anche l’interpretazione magistrale dell’intero popolo delle scimmie che si muove con tanta realtà e bravura da eguagliare, se non superare, quella degli stessi attori in carne e ossa. Sorprendente è pure il finale che, pur non svelandolo, lascia un’implicita considerazione: le doti umane proprie della specie troppo spesso mal gestite, come dimostrato dai tanti eventi storici succeduti nei millenni, che involontariamente sono state trasferite alle scimmie, avranno destini migliori? Il film tenta di rispondere a questa domanda e proprio qui è riposto il suo sorprendente finale.

Guida Roma 2018 del Gambero Rosso – Un riferimento indispensabile tanto per il turista quanto per il buongustaio

Testo di Mariagrazia Fiorentino e foto di Donatello Urbani

Una guida che propone locali al vertice nell’offrire specialità enogastronomiche presenti in una città come Roma, incluso l’entroterra, che, malgrado i tanti difetti e carenze resta ai vertici del turismo internazionale, non è certamente un’impresa facile.

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In 288 pagine e in un formato tascabile ci sono raggruppati quanto di meglio può offrire il territorio laziale non solo in termini di eccellenze territoriali quanto in cucina, dove, nelle prime 138 pagine, ai locali recensiti è attribuito un punteggio  rappresentato, a seconda del grado di eccellenza, da una a tre di forchette ai ristoranti, da uno a tre gamberi alle trattorie, da una a tre bottiglie ai wine bar, da uno a tre boccali alle birrerie, da uno a tre mappamondi ai locali etnici, e da una a tre cocotte ai bistrot.

Nelle successive 38 pagine, in una sezione dal significativo titolo “Mangiarsempre” sono riportati locali dove è possibile sostare e rifocillarsi a tutte le ore quali: aperitivi & dopocena, panetterie, pausa gourmet, pescherie e cucina, pizze a taglio e street food.

Inoltre, in una successiva sezione dal titolo “Comprare”, particolarmente utile a quanti soggiornano in B&B o in residence sono stati selezionati punti vendita di alimenti naturali,birroteche, caffè e bar, carni e salumi, catering & delivery, cioccolato, enoteche, formaggi, frutta e verdura, specialità alimentari, gelaterie, mercati, olio, panetterie, pasta fresca, pasticcerie, tè e torrefazioni, tavola & dintorni, mentre le ultime pagine sono riservate a dove dormire.

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Come si conviene ad una guida che si rispetti la presentazione ufficiale è stata accompagnata dalla premiazione dei locali che hanno riportato i migliori punteggi nelle varie categorie con una cerimonia che, tralasciando formalità e convenevoli, ha avuto per i premiati il sapore di un “Bravo, prosegui in questa buona strada” con tanto di pacca sulle spalle.

ROSA – Una mostra di artisti emergenti alla Galleria Monserrato Arte ‘900 all’insegna della regina dei fiori

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino

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Giorgia Lattanzi: “La rosa di Gerusalemme”- 2017. Mosaico minuto, ferro e rame. Nota letteraria a commento di Vincenzo Mazzarella: “Mi punse una spina di rosa, mi sentii Cristo punto dalla corona di spine venni all’istante incenerito. Non fu una folgore dal cielo, pagai uno sbaglio, confondere un rovo di spine del Signore con una spina della rosa. Ciò imperdonabile. Meritai la morte.”

Quindici le firme presenti in questa interessante rassegna di arti visive, tutte appartenenti a giovani artisti che espongono le loro opere, dai mosaici alle sculture con passaggi nella pittura, ispirate al fiore regina di questa calda primavera/inizio estate. La rosa regna su tutti gli altri fiori con l’identica autorità esercitata dal leone sugli altri animali per il semplice fatto di sapersi sempre presentare in una varietà di colori infiniti e sorprendenti, rinnovandosi sempre in nuove forme con un chiaro riferimento all’immortalità. La doppia immagine della rosa incastonata in un cerchio presente nel bel mosaico di Giorgia Lattanzi rimanda proprio alla duplicità delle forme di vita, mortale e immortale, che si rinnovano continuamente.

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                    Giorgia Lattanzi; “Rosa di Gerusalemme”- 2017. Mosaico minuto ferro e rame. Rovescio del tondo sopra descritto.

Altrettanto significativo è il riferimento alle molteplici apparenze della rosa in una varietà di colori espressi nelle diversità delle pietre colorate che insieme compongono questo duplice mosaico; pietre incastonate con una magistrale precisione e perizia in un cerchio, a mò di nume tutelare della riservatezza della rosa.  Così come avviene con il leone qualsiasi tentativo di violenza o di violazione della sua intimità sono attentamente sorvegliati, protetti e severamente puniti dalle spine, alla stregua della protezione offerta dalle fauci del re della foresta. Bellezza e fascino sono godibili pienamente così come si presentano, particolarmente in assenza di perturbazioni; anche un leggero soffio di vento ne altera le caratteristiche come bene raffigurato nelle quattro formelle di ceramica che formano un tavolino, realizzate da Paolo Bielli nelle quattro diverse rappresentazioni di rose  in altrettante situazioni nelle quali, per una migliore godibilità, la richiesta di far cessare le perturbazioni al dio del vento: Zefiro, è chiaramente espressa.

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Paolo Bielli: “Zefiro” – 2017. Quattro formelle di ceramica e ferro. Fiore a terra sulla sinistra: Riccardo Monachesi: “Fiore” – 2013. Carta semirefrattaria e smalti, lastre e colombino.

Ciascuna opera ha una sua storia da raccontare con un proprio personale linguaggio che trova un affascinante rispondenza nei vari racconti scritti e curati da Vincenzo Mazzarella nel bel catalogo che presenta ciascuna opera. Tentare di leggerli tutti e scoprire la sottile rispondenza che lega il racconto all’opera è un affascinante gioco che certamente appassionerà tutti i visitatori di questa rassegna.

Roma – Galleria “Monserrato Arte ‘900” – Via di Monserrato, 14 – fino a tutto luglio 2017 con ingresso gratuito. Consigliabile prenotare la visita per telefono 348.2833034 – o per e.mail monserratoarte900@gmail.com