“Tempi d’acciaio. Dal potenziale al crossover” – Mostra personale di Fabrizio Spadini a Palazzo Merulana – Roma – fino al 5 marzo 2023

Mariagrazia Fiorentino – Foto Donatello Urbani

L’incontro tra l’arte e le persone genera il bene più prezioso: le emozioni. Le generazioni dagli anni 70/80 del secolo scorso, fino alle attuali generazioni Z, hanno vissuto la loro adolescenza prima e gioventù, dopo, con il mito dei robot dal cuore d’acciaio, sentinelle della pace, difensori del bene e combattenti del male messi in onda da varie reti televisive e continuate negli anni successivi in fortunate rassegne quali Lucca Comics e Romics. Chi non ricorda Mazinga oppure Jegg Robot d’Acciaio e le tartarughe Ningia? La loro fama grazie anche alle pubblicazioni “manga” si perpetua nell’infinito con un’impronta indelebile da sembrare quasi senza tempo.

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                                                                                 Fabrizio Spadini – “Palcoscenico” – 2019 – Olio su tela – cm.40X30

Anche Fabrizio Spadini, classe 1975, segue la regola generale e dopo una carriera come illustratore freelance per agenzie di pubblicità e case editrici, collaboratore come concept artist con aziende che operano nel settore dell’animazione e dei videogames, nel 2009 si trasferisce in Toscana con la famiglia dedicandosi alla pittura, i cui canoni aveva appreso nelle aule di istituti e accademie d’arte.

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                                                                               Fabrizio Spadini – “Di padre in figlio” – 2020 – Olio su tela – cm,.50X6

“Nel 2016 c’è stata la svolta con una performance al Lucca Comics — racconta l’artista – —. Ho lasciato via via la grafica digitale e a prendere cavalletto e colori, mettendo i robot in rivisitazioni di chiaro stampo ottocentesco. Non una mostra per nostalgici, ma una evocazione, un sogno di continui rimandi. Goldrake, Dart Fener, Jeeg Robot d’Acciaio, Mazinga rappresentano l’evoluzione che si umanizza”.

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                                                                      Fabrizio Spadini – “La strada di Tetzuya” – 2017 – Olio su tavole – cm.51X37

Significativa in proposito la presentazione rilasciata dalla curatrice Valeria Rufini Ferranti che parla delle icone pop nelle opere di Spadini come “[…] mute sentinelle poste a guardia di un ordine cosmico che è sempre sul punto di disfarsi. Ed è proprio sulla cresta sottile di questo imminente disfacimento che si regge l’armonia di ciascun’opera […]” ed ancora “[…] questa consapevole alterazione si nutre della tensione tra reale e immaginario […] attraversando serie di universi distopici con la medesima straniante naturalezza con cui le icone della cultura mediatica pop sono accostate ai pilastri della Storia dell’Arte: Spadini parte infatti dai Macchiaioli Toscani fino alle Avanguardie del ‘900 con Giacomo Balla, Mario Sironi e Giorgio De Chirico fra tutti, con una connessione emozionante e profonda con i grandi Maestri che costituiscono la collezione Cerasi in mostra permanente museale a Palazzo Merulana”.

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                                                                     Fabrizio Spadini – “Classe iA” – 2023 -. Tecnica mista su tela – cm.80X120

Una rassegna questa che spazia dall’arte post-bellica al contemporaneo attraverso un percorso artistico che collega fra loro tutte le varie opere esposte in un fantastico quanto immaginario fil rouge: i tempi d’acciaio.

Roma – Palazzo Merulana – Via Merulana, 121 – fino al 5 marzo 2023 dal mercoledi alla domenica dalle ore 12 alle 20- Maggiori informazioni e costi biglietto d’ingresso consultare il sito www.palazzomerulana.roma.it

Gallerie Nazionali di Arte Antica – Palazzo Barberini – Roma. In mostra fino al 10 opere di: “Orazio Gentileschi e l’immagine di San Francesco. La nascita del caravaggismo a Roma”.

Testo e foto di Donatello Urbani

L’esposizione di questo inedito dipinto di Gentileschi si deve all’intuito e alla professionalità dei curatori di questa mostra Giuseppe Porzio, professore di storia dell’arte moderna presso l’Università di Napoli L’Orientale, e Yuri Primarosa, docente a contratto di storia dell’arte moderna presso la Sapienza Università di Roma. Infatti il dipinto in pessime condizioni di conservazione e di dubbia attribuzione, era pronto per lasciare il territorio nazionale e solo la perizia  dei due storici dell’arte ha fermato il trasferimento riconoscendolo come opera di Orazio Gentileschi e dopo scrupolosi e attenti lavori di restauro grazie al supporto della Galleria Benappi Fine Art, che ha provveduto anche al restauro della tela, eseguito da Stefano Scarpelli sotto la supervisione delle Gallerie Nazionali, è oggi ritornato nel patrimonio artistico/culturale nazionale e alla pubblica fruibilità.

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Nel corso della c0nferenza stampa di presentazione dell’opera: “San Francesco in estasi”, è emerso che questa costituisce, con ogni evidenza, una rara e rilevante testimonianza del momento in cui Orazio Gentileschi si avvicinò alle novità poetiche e stilistiche elaborate da Michelangelo Merisi da Caravaggio. Fu infatti eseguito dal naturale e con il modello in posa: un metodo di lavoro che Orazio doveva aver appreso già attorno al 1599-1600 direttamente da Caravaggio. Con ogni probabilità il quadro fu dipinto negli stessi anni del celebre processo che Giovanni Baglione aveva intentato contro Caravaggio, Onorio Longhi, Filippo Trisegni e lo stesso Gentileschi; nel corso del processo, e per la precisione nel settembre del 1603, Gentileschi aveva dichiarato di aver prestato a Caravaggio «una veste da cappuccino» e un «par d’ale». Si tratta plausibilmente dello stesso saio, contraddistinto da un peculiare copricapo a punta, che Orazio ritrasse nell’opera qui presentata.

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L’inedito dipinto di Gentileschi è messo a confronto con tre importanti opere conservate a Palazzo Barberini e con un quadro proveniente dal museo del Prado: il San Francesco in meditazione attribuito a Caravaggio, il San Francesco sorretto da un angelo dello stesso Gentileschi, il San Francesco in preghiera del Cigoli e il San Francesco sorretto da un angelo di Madrid, altro capolavoro della fase giovanile di Gentileschi.

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                                                                        Caravaggio – Attribuzione: “San Francesco in meditazione” – 1606 – Olio su tela

L’inedito San Francesco, fortemente sperimentale nella resa di un naturalismo vivido ed espressivo, sarà inoltre presentato accanto ad alcuni oggetti di grande forza evocativa, come gli atti del processo del 1603 aperti sulla pagina della citata deposizione di Caravaggio, un saio cappuccino coevo e una fotografia di Massimo Listri della cripta dei frati cappuccini di via Veneto a Roma, realizzata per l’occasione.
Nella nuova interpretazione dell’immagine di san Francesco fu infatti fondamentale per gli artisti caravaggeschi la familiarità con alcune pratiche di preghiera molto diffuse al tempo, come le veglie compiute dai cappuccini davanti alle spoglie dei loro confratelli: vivida testimonianza dell’austerità di una regola consacrata all’elevazione dell’anima e al rifiuto delle vanità, celebrata magistralmente da Caravaggio e Gentileschi.
Accompagna la mostra il catalogo edito da Officina Libraria che contiene saggi dei curatori e testi di Keith Christiansen (già direttore del Department of European Paintings al Metropolitan Museum of Art di New York), Alessandro Zuccari e Massimo Moretti (professori di Storia dell’arte moderna, Sapienza Università di Roma), Ilaria Sgarbozza (Soprintendenza Speciale di Roma) e Claudio Sagliocco (dottorando in Storia dell’arte, Sapienza Università di Roma).

Gallerie Nazionali di Arte Antica di Romsa – Palazzo Barberini – Via Delle Quattro Fontane 13 – 00184 – Roma dal 26/01/2023 – al 10/04/2023. Informazioni su orari e costi del biglietto di ingresso e modalità di utilizzo consultare  il sito www.barberinicorsini.org o e.mail: gan-aar.comunicazione@cultura.org.it

Il primo giorno della mia vita – Film di Paolo Genovese, Nelle sale dal 26 gennaio 2023

Donatello Urbani

E’ più difficile vivere o morire?

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A questa domanda sono chiamati a dare una risposta quattro persone che hanno scelto di porre volontariamente fine alla vita terrena. Tre adulti ed un ragazzo con l’intervento di una terza persona, (Toni Servillo), hanno, per loro scelta, la possibilità di rivedere e rivivere parte della loro vita e, in sette giorni, confermare o meno la loro vicenda terrena. Vicenda tanto fantasiosa quanto lunga.

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Nei 121 minuti messi a loro disposizione, a tutti i vari protagonisti è mancata la volontà di rivolgere uno sguardo nel proprio intimo e fare appello a una qualche forma di spiritualità senza ricorrere alla scorciatoia più semplice di togliersi la vita.

Grande Anima – La balena che accoglie i viaggiatori all’aeroporto di Roma-Fiumicino

Mariagrazia Fiorentino – Foto Donatello Urbani

Quante cose si possono scoprire in questa città? Tutto converge nell’accogliere, come una grande madre, tutti i cittadini provenienti da ogni parte del mondo e sa quindi abbracciare, fra le tante attività, anche l’arte contemporanea.

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Il file rouge che ha accompagnato il viaggiatore attraverso le bellezze e la cultura cittadine, gli offre un saluto, un augurio per un arrivederci a presto, con una installazione ospitata al Terminal 1 – partenze – aeroporto di Fiumicino, dal titolo “Grande Anima”, firmata da Marcantonio, giovane artista nato nel 1976, che inizia con una carriera di scenografo/scultore per poi passare all’arte e al design industriale. L’aeroporto è un luogo vissuto dalle persone che lo frequentano e questa opera imponente vuole essere anche un invito per mettere al centro la bellezza e far conoscere al grande pubblico l’arte contemporanea proposta da giovani artisti perché l’arte deve creare emozioni.

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“Sono entusiasta di presentare il mio lavoro per la prima volta in assoluto in un contesto così unico come un aeroporto. Grande Anima ci invita a riflettere sulla condizione dei nostri oceani e ancora più intensamente sulla vita e sulla morte, sul potenziale della cura, dell’attenzione e sulle conseguenze dell’individualismo che alimenta il nostro stile di vita. Ma questa visione ha una componente solida onirica e fiabesca. Voglio creare bellezza, non denuncia, sogno e retorica. In questo gioco indefinito e agrodolce tra rappresentazione drammatica e visione magica, la balena vive e vola illuminata da luci che appartengono al nostro mondo, alla nostra società: noi siamo le luci. Nasce così un gioco infinito di cause ed effetti, di colpe e meriti, in cui siamo noi gli artefici del destino della natura, e quindi di noi stessi”, ha spiegato l’autore di Grande Anima, Marcantonio.

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Significativo anche l’intervento dell’A.D.  di Aeroporti di Roma, Marco Troncone: “Con l’installazione di ‘Grande Anima’, Aeroporti di Roma conferma ancora una volta il suo impegno nel sensibilizzare l’opinione pubblica su temi ambientali come il risparmio idrico e il recupero della plastica, prima causa dell’inquinamento dei mari, questa volta attraverso la cultura”. Anche l’intervento dell’On.le Ministro dei Beni Culturali, Gennaro Sangiuliano, si è incentrato sul ruolo che gioca l’Italia sulla cultura nello scacchiere internazionale anche nell’arte contemporanea affermando che: “Le luci che illuminano l’imponente installazione ne costituiscono l’anima ancora accesa, rappresentando allo stesso tempo la nostra società: se l’animale vive, dipende anche da noi. È un invito a riflettere su come la natura sia nelle nostre mani e dipenda dalle nostre cure, ricordandoci quanto la bellezza del mondo sia fragile e strettamente legata al comportamento umano”.

Attraverso lo speciale QR code, in collaborazione con Chora Media, i viaggiatori potranno ascoltare, via podcast, il racconto ‘Grande Anima – La balena di Fiumicino’, sulla storia della balena grigia arrivata nel 2021 al largo di Fiumicino dopo varie tappe, tra cui il Golfo di Napoli e Anzio . La balena è come una “pelle” che si espande dal luogo di origine, si dilata, si fa forma, esce dal supporto e ritorna bidimensionale nell’alternanza fra realtà e fantasia.

Peccato che l’opera rimanga per un breve periodo, fino al 21 febbraio p.v. poi prenderà il volo per un’altra location.

Per conoscere di più questo giovane artista e la sua opera, consultare @marcantonio – #grandeanima

 

La Roma della Repubblica. Il racconto dell’archeologia – In mostra ai Capitolini – Palazzo Caffarelli -il racconto della Roma repubblicana, dagli inizi del V alla metà del I secolo.

Mariagrazia Fiorentino – Foto Donatello Urbani

Guardare la Roma repubblicana in modo nuovo perché solo ritrovando il fascino del passato potremmo aprire gli occhi ed emozionarci e forse, davanti alla storia, capire il presente. Come vivevano i romani nella loro quotidianità nei cinque secoli che hanno preceduto la nascita dell’impero? Un viaggio indietro nel tempo che mostra una città quasi priva di marmo, ma costruita prevalentemente in terracotta, dalle abitazione in laterizio alle stoviglie e gli arredi interni alle case come testimoniano i molti reperti, circa milleottocento e per la maggior parte esposti per la prima volta, presenti in questa rassegna si racconta la vita sociale delle persone anonime che non hanno un nome ne un committente.

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Il percorso espositivo, articolato in 3 sezioni principali, presenta una ricca selezione di manufatti in bronzo, pietra locale, in rari casi marmo, soprattutto terracotta e ceramica. Elemento di notevole impatto è il colore, restituito come proposta fondata sull’analisi delle terrecotte che un’attenta opera di ricomposizione consente di attribuire ad articolati moduli decorativi. Al materiale pertinente alle collezioni dell’Antiquarium si aggiunge una scelta, rilevante per qualità, di opere conservate alla Centrale Montemartini, tra le quali spiccano l’urna in marmo dall’Esquilino, la piccola scultura di capro in bronzo da via Magenta e i resti di affresco dalla cd. Tomba Arieti. Dal settore museale del Campidoglio proviene infine una selezione di ritratti di età tardo-repubblicana, in parte esposti nelle sale dei Musei Capitolini.

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La prima sezione, quantitativamente più consistente dell’intero percorso, illustra i resti archeologici che testimoniano le fasi costruttive, le caratteristiche artigianali e il livello artistico degli edifici templari sul Campidoglio e nel Campo Marzio. Grazie a una lunga attività di studio, restituzione grafica, restauro integrativo dei frammenti originali con tecnologie di rilievo 3D, di scultura digitale e stampa 3D, è stato possibile proporre la Triade Capitolina, Giove, Giunone e Minerva, da ricollocare idealmente entro uno spazio frontonale. Si tratta di un altissimo esempio di coroplastica databile all’inizio del I secolo a.C. L’altro aspetto di questa sezione interessa i resti delle domus patrizie del Campidoglio che sono testimoniati da frammenti di pavimenti musivi decorati con schemi geometrici (fasce rettangolari, croci, rombi), realizzati con tessere bianche e nere o con pietre policrome. In ambito romano l’uso del tappeto musivo è molto presente anche nelle case comuni. L’artista il “tessellator” effettuava innanzitutto un disegno preliminare direttamente sull’intonaco ancora fresco; poi iniziava ad inserire le tessere nella pasta ancora morbida, alla fine il tutto veniva accuratamente livellato e si attendeva che asciugasse.

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Gli aspetti della produzione artigianale – sezione seconda – sono un punto di vista privilegiato per seguire lo sviluppo dei sistemi produttivi. La ceramica offre una chiave di lettura importante dal momento che questo materiale ha lasciato tracce più durevoli rispetto ad altre attività, quali la lavorazione della pietra, dei metalli e del legno che pur avevano un posto fondamentale nella vita della città. L’esposizione racconta le tappe di sviluppo dell’artigianato di qualità che, da forme e tecniche legate alle tradizioni dell’età arcaica si sviluppa nel corso dei secoli IV e III con nuove produzioni, le stoviglie interamente verniciate, sia in rosso sia in nero e il vasellame decorato a figure rosse. La tecnica dello stampo assume un ruolo molto importante nelle produzioni di particolari oggetti, come i votivi anatomici ed è ben individuabile nelle produzioni dei piccoli altari (arule) che hanno particolare fortuna nell’età medio-repubblicana e nelle matrici di terracotta presentate in mostra.

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La terza sezione illustra come attraverso numerosi oggetti e i simboli determinate categorie sociali volevano comunicare l’alto status raggiunto o rimarcarne l’antica appartenenza. L’autocelebrazione dell’aristocrazia e delle famiglie emergenti trova un importante luogo di espressione, durante l’età repubblicana, nei monumenti funerari posti lungo le vie di accesso alla città, da leggere nel più vasto programma di controllo delle istituzioni e della vita politica cittadina. Una rassegna, questa, che s’inserisce, come ricordato nel corso della conferenza stampa di presentazione, in un più vasto programma di lettura dell’intera città di Roma.

Roma – Musei Capitolini – Palazzo Caffarelli – P.za del Campidoglio, n.1. Fino al 24 settembre 2023 tutti i giorni dalle ore 9,30 alle 19,30. Informazioni su costi biglietto d’ingresso e facilitazioni varie: tel. 060608 sito web www.zetema.itwww.museicapitolini.orgwww.museiincomune,it