Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani
Il Lago dei Turano, bacino artificiale risalente agli anni ‘20/30 dello scorso secolo realizzato con finalità di produzione dell’energia elettrica, può essere considerato il cuore della Riserva Regionale Naturale dei Monti Navegna e Cervia che, malgrado non abbia una grande estensione, solo 3.600 (tremilaseicento) ettari, riveste una grande importanza nell’ecosistema regionale grazie alle sua collocazione geografica posta al centro del Lazio, regione fin troppo antropizzata. La grande rilevanza dell’ambiente naturalistico è offerta dalla presenza di numerose istituzioni e testimonianze culturali presenti nei centri abitati dei quali alcuni, classificati tra i Borghi più Belli d’Italia, attendono solo di essere scoperti e valorizzati.
Panoramica di Vallecupola (Rocca Sinibalda – Rieti)
Proprio sul turismo vengono riposte grandi speranze sia attraverso una campagna promozionale che nelle intenzioni dei pubblici amministratori dovrebbe contribuire ad arrestare la fuga delle popolazioni da questi territori contribuendo al loro sviluppo economico, sia destagionalizzando le iniziative principali dei singoli territori, indipendentemente dalla loro collocazione montana, collinare o lacustre. “Solo facendoci conoscere possiamo suscitare interesse e venirci a trovare” è il pensiero riassunto in poche parole del Direttore delle Riserva Naturale dei Monti Navegna e Cervia, dott. Luigi Russo che ci ha accompagnato in un possibile percorso turistico sul territorio. L’inizio del nostro tour è a Rocca Sinibalda, la cittadina dominata dal Castello medievale che fra i suoi ultimi proprietari vanta la statunitense Caresse Crosby, Polly, inventrice del reggiseno e membro autorevole dell’avanguardia “generazione perduta”, colonia di artisti statunitensi emigrati nel dopoguerra in Europa.
Strada di Vallecupola Portale di abitazione a Vallecupola
Di non minor interesse turistico/culturale è Vallecupola, la frazione del Comune di Rocca Sinibalda dal quale dista una decina di kilometri, abitata stabilmente nel periodo invernale solo da una coppia di coniugi. La signora conserva di questo Borgo la cultura, la storia e le leggende che amabilmente si presta a raccontarle ai turisti di passaggio. A Vallecupola ha sede la Biblioteca Angelo Di Mario, ospitata proprio nella omonima casa museo, sorte entrambe per volere di questo importante esponente della cultura nazionale. Angelo Di Mario nacque in questa cittadina il 12 aprile 1925 e qui riposa dal 12 agosto 2013. Della sua attività culturale ed artistica si sono interessate le maggiori istituzioni mondiali e si estrinseca in centinaia di articoli su riviste specializzate, 5 libri sulla lingua etrusca, 13 libri di poesia e ben 500 sculture in bronzo e ceramica. La figlia, Maria Grazia, si è assunta l’onere di conservarne la memoria attraverso la gestione della Biblioteca, ricca di circa 6.000 tra volumi e riviste, di recente riconosciuta anche dalla Regione Lazio come Biblioteca Casa Museo. “Qui il visitatore”, tiene a dichiarare Maria Grazia Di Mario, “ha la possibilità d’incontrare la vita personale ed artistica di mio padre”. I giorni di apertura sono il venerdi nelle ore 9,30/13,30 e 14,00/18,00; il sabato ore 9,00/19,00 e la domenica su prenotazione telefonica al 347.3628200 oppure per e.mail bibliotecadimario@libero.it.
Sibilla Cumana e Re David- In basso la Crocifissione Il Volto Santo
Un importante ciclo pittorico è presente nella chiesa parrocchiale di Vallecupola legato al culto religioso del “Volto Santo”, riprodotto nella semicupola del coro dietro l’altar maggiore. Le qualità pittoriche del soggetto principale: la figura del Cristo Trionfante, non sono delle più eccelse, contrariamente al restante ciclo di affreschi che presentano espliciti riferimenti michelangioleschi sia nelle Sibille affiancate dai Profeti Progenitori: Abramo e David, sia in vari episodi riferiti alla vita terrena di Gesù presenti nel registro inferiore. Una significativa testimonianza della cultura diffusa presente in questo Borgo è offerta dai preziosi portali d’ingresso delle abitazioni scolpiti in pietra locale dove abbondano i riferimenti alla cultura e le credenze presenti nella popolazione, da quelle religiose a quelle apotropaiche passando per i simboli di benvenuto agli ospiti. Il comprensorio naturalistico che gravita intorno al lago del Turano comprende borghi inclusi nell’associazione tra I Borghi più Belli d’Italia, che annualmente pubblica un’interessante guida, già recensita anche in questa testata. Tutti questi borghi meriterebbero una menzione particolare, due di questi, forse perché meno noti, meritano una speciale attenzione: Collalto Sabino e Paganico Sabino.
Murales di Paganico Sabino e, sulla foto di destra, una strada interna del borgo.
Il maggior richiamo turistico messo in campo da Paganico Sabino è quello culturale, oltre quello naturalistico comune a tutti gli altri borghi della valle del Turano e del Salto. La realizzazione di itinerari della cultura, predisposti dalla pubblica amministrazione, intendono offrire ai visitatori un itinerario chiamato “I percorsi della nostra cultura” . Questi si snodano all’interno del centro storico e sono assistiti da pannelli didattici che forniscono notizie storiche insieme a quelle sulla cultura, folclore e tradizioni locali. Ai piedi della Torre Portaia, struttura pertinente all’antico incastellamento nonché al borgo murato, è possibile avere notizie tanto sulla storia di Paganico quanto su una fonte storica importante – “La Pietrascritta” – che ne attesta inconfutabilmente la ultramillenaria vita civile e politica. Da qui inizia anche l’itinerario che conduce al Belvedere della Rocca – “U Regolu” , chiamato dai locali – una balconata a sbalzo sulla gola dell’Obito che offre uno scorcio d’indiscusso fascino sulla valle sottostante. Lungo il percorso s’incotra “Jurmu” il “Murales del Pastore, un’ opera della street art, che allo stesso tempo è anche un documento della vita che si svolge all’interno della comunità. Una immersione totale nella cultura e nel folclore locale è testimoniato da due eventi che affondano la loro radice nelle tradizione culturale, religiosa e folcloristica. Il “Ballo della Pantasima” o “Ballo delle Pantasime” e la “Moresca”. Scrive Enrico Bonanni , cultore delle tradizioni locali, in una sua preziosa pubblicazione dal titolo “Il ballo delle Pantasime”: “Nel mese di agosto i festeggiamenti in onore della Madonna erano particolarmente sentiti da tutti quei pastori transumanti, i quali dopo aver svernato con le loro greggi nelle terre della campagna romana, tornavano in paese per riunirsi alle loro famiglie”. Volendo affiancare a questo culto ufficiale un altro recuperato dalla tradizione locale, con l’intento sia di marginalizzarlo che di andare oltre con la fantasia, si riscopre “La Pantasima” quale madonna pagana, così come dalla critica moderna è stata più volte definita. Nella differenzazione questa non poteva essere bella come la Madonna ufficiale ed allora le sue fattezze assumono le sembianze dell’orrido, dello spropositato e del grottesco insieme. Anzi più grottesca è la sua rappresentazione più alto sembra essere il grado di denigrazione che la comunità le riserva in quanto personificazione del male. La festa terminerà con l’incendio della Pantasima dopo un ballo sfrenato accompagnato dall’ilarità di tutto il popolo. Altrettanto significativi della cultura popolare sono le rievocazioni storiche di eventi realmente accaduti in terra Sabina nei secoli passati.
Scena della Moresa a Paganico Sabino:”La Resa dei Turchi”-Foto tratta dalla pubblicazione “Rituali carnevaleschi” di Anastasio Spagnoli
Così nel periodo del carnevale avvengono queste rievocazioni con feste e giochi. Anche in questo caso abbiamo un’ ampia documentazione nel trattato di Anastasio Spagnoli dal titolo “Rituali Carnevaleschi a Paganico Sabino” anch’esso edito, come il precedente, a cura delle amministrazioni regionali, provinciale e comunali. Come rileva l’autore, fra questi rituali assumono particolare importanza quello delle danze armate dove i Mori sono identificati come demoni e, nella rappresentazione, l’eroica popolazione da vita ad una specie di rivincita sulle scorribande dei Saraceni realmente avvenute in Sabina tra l’876 ed il 916, che furono causa di morti e distruzioni delle quali si conserva ancor oggi una triste memoria. Anche in questo caso alla base di tutto c’è il desiderio di sconfiggere il male conservandone memoria con un gioco rituale che ne impedisca il ritorno grazie anche al coinvolgimento della popolazione locale nei ruoli di personaggi che ne furono i principali protagonisti nel riscatto.
Salone di rappresentanza del Castello di Collalto Sabino
Collalto Sabino è definito un nido d’aquila dalla guida dell’Associazione dei Borghi più belli d’Italia dell’edizione 2018 nella quale può vantare una bella recensione. La descrizione infatti prosegue presentandoci: “Le strade di pietra antica, le strade strette, i vicoli immersi in un silenzio irreale”, posti in una cornice quasi da leggenda intorno al castello baronale. Questi così come oggi ci appare, dopo essere stato ristrutturato dal barone Alfonso Soderini nel XVI secolo, prima di quelli più recenti del secolo scorso, è indiscutibilmente la maggior attrazione turistica e la più importante testimonianza storica di questo borgo. Il passato, in particolare quello medievale, è annualmente rievocato attraverso l’arte del duello affiancandosi a quelle che promuovono le specialità culinarie locali inframezzate a diverse rassegne musicali come la bella manifestazione “Borgosound”. Da non trascurare al fine turistico anche i percorsi naturalistici attraverso la Riserva Naturale Regionale Monte Cervia e Monte Navegna. Indiscusso è il vanto di essere il “Paese di Babbo Natale” testimoniato ai visitatori, grandi e piccoli, dal fascino offerto dalla presenza della neve, immancabile in quel periodo, e dalle note melodiose delle zampogne. Per l’occasione si accompagnano i turisti a scoprire il borgo con le sue tante cantine ricche di buon cibo,di prodotti locali specie quelli del bosco, come la castagna, e delle creazioni artigianali.
Comune a tutti questi caratteristici borghi è l’aver puntato sul turismo per valorizzare e porre in primo piano la cultura e le tradizioni che affondano le loro radici nei lontani tempi passati conservati con grande amore e riproposti anche con l’intendo di voler ricordare al turista di visitare questi luoghi con rispetto, senza far rumore, e con “piede leggero e sostenibile” come recita un’antica massima.