Mariagrazia Fiorentino – Foto Donatello Urbani
L’Apollo del Belvedere fu un’acquisizione di Papa Giulio II nel 1508/1509 e per molti anni, rimase nelle collezioni vaticane quasi integro, salvo varie sostituzioni e rifacimenti che interessarono per lo più entrambe le braccia, effettuate da Giovannangelo Montorsoli, come testimoniato da Giorgio Vasari. Le vicende successive non giovarono troppo alla statua, compreso il trafugamento da parte di Napoleone, suo trasferimento a Parigi su un carro militare e successivo rientro a Roma, sia pure con tutte le accortezze e precauzioni del caso, messe in opera da Antonio Canova.
Da comunicato stampa: “nel dicembre 2019 il monitoraggio, cui l’Apollo era sottoposto da qualche anno, rileva delle importanti criticità strutturali che impongono una tempestiva messa in sicurezza. Le gambe della statua mostravano evidenti fragilità: fratture ormai da secoli all’altezza delle ginocchia e delle caviglie, in più punti mancavano completamente della materia marmorea sostituita dalla resina poliestere in occasione di un intervento di restauro di 40 anni fa…..Ingegneri e specialisti nella progettazione strutturale si sono avvalsi di tecnologie e materiali all’avanguardia con la supervisione del Laboratorio Materiali Lapidei e la stretta collaborazione del Gabinetto di Ricerche Scientifiche. L’obbiettivo comune è stato garantire una nuova solidità alla statua intervenendo sulla stessa con la maggior cautela possibile, utilizzando solo fori e incassi già esistenti. Una barra in fibra di carbonio è stata inserita nel basamento marmorea, all’interno dell’incavo che fino al 1980 aveva ospitato il “ferro” ottocentesco. In alto la barra si collega ad un sofisticato sistema di tiraggio che utilizza un grande foro già presente nella schiena.
Successivamente è stata avviata la fase di pulitura, altrettanto delicata e complessa che ha ripristinato la luminosità delle superfici marmoree. Il modellato è di nuovo morbido e vibrante e tra i riccioli riemerge la policromia violacea che tradisce la preparazione di doratura delle chiome.
Uno straordinario ritrovamento negli anni Cinquanta del secolo scorso permise di recuperare tra le rovine del Palazzo Imperiale di Baia, a nord di Napoli, centinaia di frammenti in gesso appartenenti ad un’officina che possedeva calchi tratti direttamente dagli originali capolavori della bronzistica greca del V e del V secolo a.C. Tra questi frammenti venne riconosciuta anche la mancante mano sinistra dell’Apollo del Belvedere. E’ sembrato giusto cogliere l’occasione del presente restauro per restituire al dio saettante la mano “originale” inserendo, al posto di quella del Montorsoli, un calco del gesso di Baia: il gesto è divenuto più naturale, la mano proporzionata e leggera.”
Un intervento questo tecnologico e filologico che rende onore alle maestranze presenti nei Musei Vaticani e, nello stesso tempo, testimonia l’amore e la cura riservata all’arte e alla bellezza nel nostro paese.